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martedì 20 luglio 2010

Federalismo. Si riduca a Napoli l'età per la pensione

Il Nord non può essere federalista solo quando fa comodo. La speranza di vita in Italia non è ovunque la stessa: secondo l’Istat chi ha 65 anni a Napoli perde venti mesi di vita attesa

(di Marco Esposito)


singolare riflessione/proposta dell'arguto amico, nonchè valente giornalista, Marco Esposito, che tutto sommato per quanto inusuale non fa una grinza....


Il federalismo è una necessità ineludibile? E allora che sia federalismo fino in fondo. Per esempio sull’età per la pensione. Dal 2015 – lo stabilisce un comma della manovra economica appena varata dal governo – l’età per poter lasciare il lavoro o poter incassare l’assegno sociale sarà alzata progressivamente in base al miglioramento dell’aspettativa di vita calcolata, secondo la legge, come medione unico nazionale. L’Istat però è in grado di fornire stime provincia per provincia, molto più attendibili e verificabili rispetto ai dati sui costi standard dello stato sociale o sul gettito tributario territoriale in base ai quali si sta costruendo il federalismo fiscale. E sull’aspettativa di vita l’Istat segnala differenze territoriali non da poco: i napoletani, in particolare, sono in coda alla classifica nazionale e pertanto per equità dovrebbero andare in pensione prima di tutti gli altri italiani perché la loro aspettativa di vita è inferiore di oltre un anno e mezzo. Quindi se nel 2015, come segnalano le prime simulazioni, l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe essere portata a 65 anni e 2 mesi come media nazionale, sarebbe giusto che a Napoli fosse fissata a 63 anni e 6 mesi: venti mesi prima.
Quando un bimbo nasce a Napoli, secondo l’Istat ha una aspettativa di vita di 76,4 anni se maschietto e di 81,8 anni se femminuccia (le tavole sono nella sezione “demo: demografia in cifre” del sito www.istat.it). Nella inquinata Milano la vita media è di tre anni superiore: 79,5 anni per gli uomini e 84,8 per le donne. La media nazionale? E’ a 78,7 anni per gli uomini e di 84,0 per le donne. Nascere e crescere a Napoli, quindi, equivale a perdere oltre due anni di speranza di vita rispetto all’italiano medio. Perché? Forse per la minore qualità dell’assistenza sanitaria, oppure per gli effetti dell’inquinamento delle falde acquifere legato ai rifiuti tossici seppelliti, o forse ancora per le abitudini alimentari o anche per una sorta di predisposizione genetica. Quale che sia la causa, resta il fatto che se è giusto, come tutti riconoscono, legare i tempi e gli importi della pensione all’aspettativa media di vita è altrettanto giusto compensare chi ha minore speranza di vita con la possibilità di lasciare il lavoro in anticipo. Tale ragionamento, a rigore, dovrebbe portare anche una differenziazione del trattamento tra uomini e donne; tuttavia ciò si tradurrebbe in un sensibile peggioramento delle condizioni previdenziali femminili, il che non sarebbe né auspicabile né socialmente accettabile.
Trattandosi di pensionamenti, va segnalato che non è tecnicamente corretto considerare la speranza di vita alla nascita bensì quella a 65 anni. L’Istat fornisce anche questi dati. Ebbene, un napoletano di 65 anni può ragionevolmente sperare di vivere e di godersi la pensione per 16,4 anni se maschio e per 19,7 anni se donna. Un milanese di 65 anni ha ancora davanti a sé 18,2 anni se uomo e 22,1 se donna. La differenza è minore in termini di anni ma superiore in percentuale rispetto a quella alla nascita. La media nazionale della vita attesa a 65 anni di età è di 17,9 anni per gli uomini e di 21,6 anni per le donne. La differenza sul medione nazionale ai danni dei napoletani è di 1,5 anni (cioè 18 mesi) per i maschi e di 1,9 anni (cioè 22-23 mesi) per le donne, con una media tra i sessi appunto di venti mesi. Questi dati sono quelli al momento più aggiornati e riferiti al 2007. Appare interessante notare che il divario rispetto al resto d’Italia si sta allungando. Nel dettaglio, i napoletani sia maschi sia femmine di 65 anni hanno visto negli ultimi cinque anni (cioè nel 2007 rispetto al 2002) peggiorare di 0,1 anni la loro speranza di vita rispetto allo standard nazionale.
Si può discutere sulle cause che rendono forse più intensa ma di sicuro più breve la vita dei napoletani e che aggravano il trend, tuttavia dovrebbe esser chiaro a tutti che costringere i napoletani a rinviare la propria pensione perché la vita media si sta allungando nel resto d’Italia è tecnicamente scorretto. Se si cominciano a far le pulci su tutti i conti e i costi dello stato sociale, allora far finta di non vedere i divari territoriali a favore del Nord nel capitolo previdenza è ingiusto e inaccettabile.

Fonte : www.meridionalismo.it

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