del 19/04/2012
Di Luigi de Magistris
L'ossessione per il debito, insieme al diktat degli istituti finanziari europei e internazionali, fanno scivolare, in fondo alla classifica delle priorità, la giustizia sociale, i diritti dei cittadini (del lavoro in primis), il welfare state, la partecipazione delle comunità, l'autonomia degli enti locali. E' la stagione della tecnica che ci governa, è la stagione della sospensione della politica.
Una politica colpevole perché incapace, fino ad oggi, di autoriformarsi dando risposte ad una crisi finanziaria senza precedenti.
Una crisi finanziaria che, a causa di questo vuoto di risposta e reazione politica, ha provocato l'imporsi della risposta e della reazione tecnocratica, generando così una crisi anche democratica e civile. L'ultima pagina di questo tempo buio che stiamo attraversando è stata scritta poche ore fa in Senato, dove è stata approvata l'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, modificando l'art. 81.
Spiegano illustri studiosi della materia che si tratta della più importante trasformazione/involuzione della nostra Carta dopo la devolution dell'allora ministro Calderoli.
Uno stravolgimento costituzionale avvenuto nel silenzio generale e senza dibattito pubblico, per il quale non ci sarà nessun referendum fra i cittadini. Evidentemente per per questo parlamento di nominati, che hanno scelto di rinunciare al loro ruolo politico affidandosi alla "salvezza tecnica", la Costituzione è proprietà di pochi che può essere svenduta alle banche centrali europee e alle misure liberiste.
Un obbligo imposto non solo allo Stato ma a tutti gli enti amministrativi e che rientra nel cosiddetto Fiscal compact europeo.
La vittoria integrale del mercato senza regole, lo stesso che ha generato la crisi dimostrando la sua fragilità e pericolosità, e che annichilisce le istituzioni pubbliche, dallo Stato ai Comuni, tutti impossibilitati ad intervenire nella gestione dell'economia nell'interesse dei cittadini.
Come amministratore e come cittadino non posso che aggiungere, dunque, la mia voce di preoccupazione a quella collettiva che si alza in queste ore.
Dopo il vincolo assurdo del patto di stabilità e la vicenda surreale dell'Imu (che i Comuni, ridotti a gabellieri del paese, devono imporre ai loro cittadini, salvo poi consegnare il 50 per cento delle entrate riscosse allo Stato), ecco che un altro limite è imposto all'autonomia degli enti locali che, più di tutti, sentono il peso della responsabilità verso le comunità che governano, poiché sono eletti direttamente e sono in prima fila nel fronteggiare le tensioni sociali che infiammano i territori.
Perché su gli enti locali, soprattutto, grava l'onere di proteggere la democrazia stessa difendendo i diritti e i servizi sociali, i quali non possono essere sacrificati alle sole logiche neoliberiste e ai soli dettami del mercato. Occorre dunque un cambiamento di rotta da parte del governo Monti ed occorre che la risposta politica riprenda il sopravvento su quella tecnica, la quale è tutto fuorché neutrale, avendo imposto una svolta conservatrice e liberista che non risolve la crisi ma ne amplifica la portata negativa per il futuro, anche sotto il profilo democratico.
Occorre che i cittadini, le comunità, gli enti locali si mobilitino a difesa dei loro diritti e della Costituzione. A Napoli stiamo cercando di portare avanti questa battaglia civile, non perdendo occasione per ricordare al Governo che la sovranità appartiene al popolo, che sforeremo il patto di stabilita per difendere i diritti e i servizi essenziali dei cittadini, che gli enti locali non sono gli ammortizzatori nazionali della crisi, che la Carta non si può stravolgere per volere del mercato europeo.
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