di Bruno Pappalardo
mercoledì 25 aprile 2012
25 aprile 1945
di Bruno Pappalardo
Ci liberammo? Ci liberarono?
Siamo liberi? Allora evviva!
Potrebbero sembrare appena,
appena provocatorie o irriverenti queste domande ma non è affatto così!
Sul 25 Aprile del ’45 esiste
già una copiosa letteratura e poco c’è da dire perché tutto è stato già
scritto.
Viene voglia, tuttavia di
ricordarla. Ricordare l’alto valore simbolico.
Mi viene tuttavia difficile.
Quel giorno vedemmo un nuovo
cielo più terso o, ancora, avvertimmo spari sulla gente da un codazzo di
orgogliosi sbandati repubblichini di Salò?
Non certo il 25 di questo stesso mese ma anche in quelli successivi. Per le campagne lombarde, frammenti di
irriducibili del reparto della Muti o
della X^ Flottiglia Mas al comando di
Junio Valerio Borghese rastrellavano
tutti coloro che ritenevano partigiani, sacerdoti, donne o dissidenti per
fucilarli. Erano ancora in arme! Lo sono ancora!
Era il 25 Aprile o il 29 aprile del 1945, quando i tedeschi,
proprio lì, fecero saltare l'intera famiglia di un funzionario del Ministero
degli Esteri?
Ma dove voglio giungere?
Dichiararmi fuori dalla mischia
festaiola!
Quella fu una falsa “liberazione”! Quel codazzo è ancora tra
noi e qui che strizza l’occhio sul mirino!
In questi giorni, è stata
confermata in appello la sentenza, dopo quarant’anni, che assolve i quattro imputati della strage
di Piazza della Loggia per i quali l’accusa aveva richiesto l’ergastolo. Cosa
pensate farà la Cassazione?
In questi giorni sono stati
chiesti alle vittime della strage di della Bnl,
In questi giorni
nell’indifferenza totale sia di semplici cittadini che delle istituzioni,
soprattutto e anche dell’amministrazione comunale di destra Alemanno, si è permesso che fossero affissi sui pannelli
pubblicitari con il simbolo in alto dell’urbe, manifesti inneggianti a quei
ragazzi vestiti da soldati ma che sapevano ammazzare. IL manifesto, mostrando
due figuri in divisa fascista, di cui uno, si riconosce l’ultimo segretario del
partito Pavolini, passano in rivista dei
soldati. Troneggia la frase: “GLI EROI SON TUTTI BELLI”. I soldati di certo ma non quelli!
Perseguivano, catturavano e
consegnavano ai nazisti i propri fratelli avversi al regime;
Quale più pavida e vigliacca
azione militare fu messa in piedi a Salò
e quale di più insolente e turpe e
sciaguratamente sofferente del più bieco fanatismo per i martiri di quella
storia è stata permessa o concessa, oggi, a Roma con quei manifesti? Sotto, in basso la dedica: “ai ragazzi di
Salò”.
Non festeggio perché le urla
di dolore dei torturati e delle madri non cessano.
Non festeggio perché le urla
di dolore delle madri dei ragazzi di Salò hanno la stessa disperazione ma non
la stessa innocenza.
Non festeggio perché ancora si
va dicendo che le ideologie sono state rimosse ma non è così
Non festeggio e non contro le
ideologie ma quelle celate come tali e mutatosi
in corrotti odi di parte che lacera la democrazia;
Non festeggio perché i figli
di quella vittoria generarono nuovi nemici che tramarono nell’ombra o di una
chiese, di una bottega o di una caserma;
’69 Piazza Fontana; ’70 Gioia Tauto; ’72 Gorizia; ’73 strage questura di
Milano; ’74 Piazza della Loggia a Brescia; ’74 strage espresso Italicus, ’80
Stazione di Bologna fino al G8 di Genova nella scuola Diaz;
Non festeggio perché quella
coda di spari, di quei ragazzi, dopo il 25 aprile, esiste ancora nei e
massonerie servizi e di Stato eternati nelle P2,3,4 et cetera.
Non festeggio perché Salò (che
ne è solo il simulacro) non è mai morta
veramente ma è stata la stura all’ ideomania
della corruzione e l’illegalità all’interno dei partiti e delle istituzioni.
Le stragi tra gli anni ’70 e
’80 erano degli impianti perfetti per destabilizzare una parte dello Stato
soprattutto democratico per l’opera di magistrati, sindacalisti,
giornalisti e politici che amavano quella parola e il valore che conduceva ma che,
proprio per questo, accoglieva tra le sue fila anche una sinistra agile, attiva
e preparata pronta, forse, a governare: Bisognava impedirlo! (su questa tesi ci
sono varie interpretazioni ma tutti concordano sula destabilizzazione) L’ultima
alla Diaz è stato un atto mediatico in uno stato mediatico. Apparentemente generato da una sorta di
vendetta di celerini che vollero massacrare quei ragazzi fu, invece l’ordine di
una parte dello Stato che aveva paura che venisse destabilizzato dalla
democrazia e bisognava dimostrare visivamente quanto forte fosse quello Stato.
Si disse: “non cancellate quelle tracce di quel sangue” di quella scuola!
Io non festeggio per la
memorie di quelle tracce rosse di quei giovani e di tutti i martiri di ogni
epoca che affrontarono consapevoli o, oggi, testimoni increduli della violenza
che il potere dei vincitori marchia.
Bruno Pappalardo - Partito del Sud - Napoli
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