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lunedì 18 giugno 2012

Quando...ferito a morte...


di  Andrea Balìa

Quando eravamo giovani. Quando si scendeva a piedi Posillipo. Quando era il tempo di ciò che Raffaele La Capria racconta in “Ferito a morte”. Quando la descrizione cha fa della “bella giornata” la riconosci come una cosa vera che hai vissuto e davvero c’era, ma ora non sai dov’è finita. Quando c’era quell’humus che ritrovi negli scritti di Erri De Luca.
Quando, senza saperlo, stavamo vivendo l’ultimo tempo prima che le merci e i loro consumi ci rovinassero la vita. Quando ascoltavamo ancora la radio la domenica prima di pranzare, e la Tv, ai suoi albori, dava solo notizie e qualche spettacolo o commedia, e non voleva venderci nulla.
Quando Capri non era il posto delle “griffe” ma il luogo dei profumi della natura e il rifugio di artisti o “belle” menti, quando Ischia non era stata assalita dalla malavita, e quando i giovani andavano d’estate alle Eolie per vivere una vacanza selvaggia ed economica, e non perché era di moda.
Quando, insistendo perché non ricevi una risposta non dovevi sentirti infine dire : “ trovo inopportuno…avrò un anno difficile” come invece ti capita oggi, tentando di dare una giustificazione alla maleducazione. Quando ti verrebbe voglia di replicare : “veramente gli ultimi cinquant’anni (mezzo secolo) sono già stati e diventati difficili!” Viviamo il paradosso dell’incomunicabilità nell’era della comunicazione. Quando c’erano le nazioni in un’Europa solo geografica, e nessuno imponeva nulla in casa d’altri come capita ora in un’Europa a chiacchiere unita. Quando il tuo caparbio, pur se fiaccato, desiderio d’amicizia non veniva, come oggi, frainteso.
Quando l’estate arrivava pian piano, ne assaporavi il crescendo, il suo culmine, e il suo decrescere e non vivevi quattro mesi di caldo infernale per poi tirare fuori 10/15 giorni di vacanze striminzite. Quando avevamo una Fiat 500, porte "a vento" (ovvero apertura all'incontrario delle stesse rispetto ad oggi) e non sapevamo ancora che, grazie ad un signor Marchionne, quel marchio oggi lo avremmo odiato. L’estate durava 2 o 3 mesi e anche se già avevi un lavoro riuscivi a viverla quasi nella sua pienezza. 
Quando in una musica che viveva un suo periodo stanco di propositività, quella napoletana sempre più colta e ricercatrice dava delle canzoni, alla fine degli anni ’50, che oggi sono riscoperte per la loro atmosfera e validità. Quando la guerra era finita da non molto per permettersi la tristezza e la depressione. Quando gli anziani erano troppo stanchi dall’ultima guerra e desiderosi di pace e i giovani troppo inesperti per comprendere bene e contrastare lo scempio laurino delle “Mani sulla città” in una Napoli perennemente saccheggiata : dai Savoia, ai fascisti, ai nuovi ricchi della ricostruzione. Quando c’erano “ Nord e Sud”, “Cronache Meridionali” a dibattere per un nuovo Sud sempre alla ricerca del suo riscatto, della sua dignità calpestata, d’un suo ruolo vero in un’Italia in ripartenza. Quando oggi questi esempi che si tenta di riproporre vengono dileggiati accusando, follia tra le tante, il meridionalismo d’essere il male del Sud. 
Quando ti succede di non star bene, e  in questi momenti inevitabilmente riparte il film della tua vita e, con tanta tenerezza, ritornano forti le persone e le cose che hanno avuto un vero significato per ognuno di noi.

Andrea Balìa

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