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mercoledì 14 marzo 2012

Lo scempio della reggia di Carditello. Oggi all'asta per 15 milioni



Il gioiello dell'architettura settecentesca borbonica, depredato e saccheggiato dei suoi marmi e dei suoi gioielli, rischia di finire nelle mani della camorra. O nella "migliore" delle ipotesi trasformarsi in resort turistico di lusso


di Francesco Erbani

Sono ore decisive per il destino della reggia borbonica di Carditello, il gioiello dell'architettura settecentesca che sorge a San Tammaro, nella piana casertana. Abbandonata e saccheggiata la residenza voluta da Ferdinando IV per sé, come casina di caccia e come azienda agricola modello, potrebbe essere venduta all'asta il 15 marzo. Il prezzo è quasi irrisorio: 15 milioni per un capolavoro affrescato da Jakob Philip Hackert e al quale, uno dopo l'altro, hanno rubato tutti i pilastrini di marmo delle balaustre, oltre ai gradini delle scalinate, ai camini e agli stemmi. La zona è presidiata dalla camorra (Casal di Principe è a pochi chilometri) e la reggia potrebbe far gola per ripulire un po' di quattrini.

Circolano però anche altre voci, del tutto diverse e non si sa quanto fondate. Interessata all'acquisto si dice sia Cristiana Coppola, figlia di Cristoforo, uno dei protagonisti della disastrosa avventura del Villaggio Coppola, la città interamente abusiva sorta negli anni Sessanta sul litorale domiziano. Cristiana Coppola, che opera nel settore del turismo e dell'edilizia, è anche vice presidente di Confindustria. Vere o meno che siano le ipotesi, resta che un patrimonio d'arte, di proprietà di un ente regionale oberato dai debiti (il Consorzio di bonifica del Basso Volturno) potrebbe essere ridotto a resort di lusso, quindi sottratto a ogni fruizione pubblica. O diventare una sala per matrimoni. L'asta è stata decisa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha in custodia la reggia e che impedisce a chiunque di entrare (ma i ladri non si son fatti mai problemi). I proventi dovrebbero finire nelle casse di una società di recupero crediti del Banco di Napoli, che ora è Banca Intesa. Fino all'ultimo la Soprintendenza ha cercato di bloccare la procedura, ma il Tribunale ha respinto il suo ricorso.

Nei giorni scorsi il sindaco di San Tammaro, Emiddio Cimmino, ha iniziato uno sciopero della fame negli uffici del Comune, rivolgendo un appello a tutte le forze politiche. "Non mi muovo da qui, fino a che il presidente della Regione Stefano Caldoro non prenderà un provvedimento definitivo", dice il sindaco. Ma Caldoro e la sua giunta non danno segni di vita. Eppure, segnala il consigliere del Pd Nicola Caputo, "3 milioni di euro sono stati stanziati per l'acquisizione della reggia". Ma ne servono almeno altri 6 perché la società di recupero crediti si dichiari soddisfatta, stando a un intesa raggiunta anni fa. "È stata proposta anche l'istituzione di una Fondazione", aggiunge Caputo, "che dovrebbe poi gestire la reggia". Ma la Fondazione è solo sulla carta, senza un euro stanziato.

Intorno alla reggia e alla sua salvaguardia si muovono molte iniziative. Sono impegnate le organizzazioni ambientaliste (nei giorni scorsi è stato lanciato un altro appello da Italia Nostra), i comitati di cittadini. Una petizione promossa su Facebook dall'associazione Orange revolution ha raggiunto quasi seimila firme. La stessa associazione sta cercando di sensibilizzare migliaia fra Comuni, Province e Regioni, soprattutto dell'Italia meridionale, affinché stanzino una cifra anche simbolica per consentire l'acquisizione della reggia, avviando poi un progetto per il suo restauro e la sua fruizione. "Dopo aver inviato il nostro appello alla soprintendente di Caserta e non aver ottenuto neanche una risposta, ci rivolgeremo al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e al ministro dei Beni Culturali, affinché sia emesso un provvedimento urgente per salvare la reggia", dice Raffaella Forgione di Orange revolution.

Il tempo stringe per sottrarre la reggia a un destino solo speculativo. Se dovesse andare deserta l'asta di domani, un'altra verrebbe fissata di lì a qualche settimana. Intanto non si arresta il degrado dell'edificio e delle sue decorazioni. L'acqua penetra dai tetti sfondati, impregnando i muri. Dopo i saccheggi degli ultimi mesi è stato istituito un servizio di vigilanza. Ma i controlli sono sporadici. E la residenza borbonica resta alla mercè di chiunque la voglia saccheggiare.



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