Napoli vuole difendere il principio dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, tutelando tutte le persone e garantendo politiche di inclusione. Perché non esistono amori e sentimenti di serie A e di serie B. La legge, ragionevolmente, deve riconoscere le forme plurali di comunità che una società plurale e caratterizzata dal politeismo dei valori fisiologicamente esprime.
Si tratta di una battaglia civile nello spirito della nostra Costituzione.
Il riconoscimento di altre forme di convivenza diverse dal matrimonio, infatti, non può in alcun modo ledere il diritto di quanti contraggano il matrimonio a farlo. Chi ritiene che un diritto escluda l'altro cerca una giustificazione per tradire i principi di giustizia alla base del nostro ordinamento.
Quando la nostra Carta fondamentale ci ricorda che il matrimonio suggella la famiglia in quanto “società naturale”, d'altronde, lo fa perché nella tradizione giusnaturalista, la legge si deve ispirare alla razionalità della natura che ci fa tutti uguali per dignità sociale, come ci ricorda l'articolo 3. All'articolo 2, infatti, la Costituzione si impegna a proteggere tutte le “formazioni sociali”, quelle comunità naturali o di fatto che, con il registro delle unioni civili, vogliamo valorizzare.
Non mi sfugge, ovviamente, che una disciplina organica su questo argomento non possa che essere oggetto ragionato d'intervento da parte del legislatore ma, nello spirito della Costituzione, non posso esimermi dall'istituire un registro la cui mancanza, a tutt'oggi, è in contraddizione con quei valori di Pace, a cui mi ispiro innanzitutto come credente.
Con un registro delle unioni civili, Napoli dimostrerà ancora una volta di essere una città dell'inclusione, della Pace, della dignità. Una città aperta a tutte e a tutti, che garantisca pienamente anche il diritto all'amore, a vivere la vita nel modo più pieno, nel rispetto degli altri. In una parola: una città che riconosca il diritto alla felicità. Non è retorica. Ma è l'architrave del liberalismo giuridico. Con il diritto alla felicità, nel novero dei diritti naturali, infatti, si apre l'articolo 1 della Dichiarazione di Indipendenza americana del 4 luglio 1776.
Non è utopia né giacobinismo. Sarebbe profondamente ingiusto e sbagliato non dare diritti e doveri a coppie e unioni che esistono già.
Luigi de Magistris
Nessun commento:
Posta un commento