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venerdì 15 febbraio 2013

I LEGHISMI D'EUROPA CONTRO IL MERIDIONE



di Alessio Postiglione

La settimana scorsa, in occasione del summit sul bilancio europeo, avevo paventato, da queste pagine, un rischio "mezzogiornizzazione" per l'Europa, a causa dalle politiche dell'austerità. Oggi, quel rischio è non solo reale, ma si accompagna anche a una pericolosa "leghizzazione" della politica europea. Il Sud, dunque, fra Questione meridionalee leghismo, non è l'eccezione, ma il laboratorio sperimentale di tensioni proprie dell'Unione. La mezzogiornizzazione - sostenevo - sarebbe avvenuta con il taglio dei fondi per la crescita, puntualmente arrivato. Il bilancio europeo, per la prima volta nella sua storia, si riduce, passando da 935 miliardi a 908. Le voci più colpite sono "crescita" e "coesione": Competitiveness for growth and jobs passa da 125.7 miliardi a 152.5, i Fondi di coesione passano da 347 miliardi a 324, e il piano per le infrastrutture Connecting Europe Facility si riduce da 41.2 miliardi a 29.3.
Alcuni leader europei si sono convinti che, attraverso i tagli e la compressione salariale da infliggere ai paesi debitori e alle aree meno competitive, il mercato tornerà in equilibrio. Si tratta di un approccio ingiusto e sbagliato. Ingiusto, perché i Mezzogiorni pagano altissimi costi sociali; sbagliato, perché la recente revisione del moltiplicatore fiscale promossa dal Fondo monetario internazionale ha dimostrato che ogni punto di taglio del debito incide in misura doppia sul calo del Pil. Così, sarà più difficile pagare i debiti al Nord-Europa, mentre si innesca una guerra alla deflazione competitiva dei salari il cui esito potrebbe essere l'implosione della Ue.
Secondo "Check-up Mezzogiorno" di Confindustria, negli ultimi cinque anni, il nostro Pil è diminuito in termini reali di quasi 24 miliardi, mentre chiudevano oltre 16 mila imprese e perdevano il lavoro 330 mila occupati, di cui la metà in Campania. Nel 2012, il tasso medio di disoccupazione dei primi due trimestri è salito al 17,4 dal 13,6. Alla Campania si è somministrata proprio la medicina neoliberale, con aumenti del tasso di mobilità del lavoro, di flessibilità e di ristrutturazione industriale, misurati dagli economisti Chiara Mussida e Francesco Pastore nel paper "Is There a SouthernSclerosis?". Medicina che non ha curato il malato, ma gli ha dato il colpo di grazia. Quindi, c'è un problema nazionale ed europeo di rappresentanza degli interessi del Mezzogiorno che deve essere evaso. Il recente negoziato sul bilancio comunitario dimostra che esiste un nuovo asse della decisione politica che parzialmente sostituisce la tradizionale dicotomia destra-sinistra. Si tratta di un asse territoriale che contrapponei paesi del Nord, il club della Tripla A (come le agenzie di rating definiscono i paesi con i bilanci in attivo, nda ), ai Sud che chiedono misure di mitigazione dei costi degli shock asimmetrici della Zona Euro. Il nuovo presidente dell'Eurogruppo, il laburista olandese Jeroen Dijsselbloem, ad esempio, sostiene i tagli al bilancio Ue, come la conservatrice Merkel, mentre in direzione opposta si muovono il conservatore Rajoy e il socialista Hollande.
L'altro asse decisionale che riemerge è quello fra i così detti intergovernalisti e i comunitaristi. Fra coloro i quali, cioè, spingono in direzione di un primato degli Stati nazionali e quanti chiedono più Europa politica. A quest'ultima schiera appartengono sia il Pse che il Ppe che, all'interno dell'europarlamento, sono contrari a questo bilancio. I leader dei paesi Tripla A, invece, sono tutti intergovernalisti. Non vogliono l'Europa federale della solidarietà e si accontentano del mercato unico dei profitti. Sono spinti da una massimizzazione dell'utile nazionale miope e irrazionale, incapaci di capire che la Ue rischia di saltare. Alcuni leader del Club della Tripla A credono che sei i Piigs uscissero dall'euro, il taglio dei crediti delle proprie banche sarebbe ampiamente compensato dallo shopping in saldo degli asset del Sud Europa, svenduti attraverso una nuova lira debolissima.
La battaglia che ci si para innanzi è dunque questa: salvare l'Europa dai falchi e il Mezzogiorno dai nuovi leghismi. In questa cornice, Monti, in quanto sostenitore dell'austerità, è assolutamente inaffidabile, così come il Pdl a trazione leghista. La battaglia a difesa del Mezzogiorno può essere portata avanti solo dai riformisti e dalla sinistra. In particolare, al Pd si potrebbe chiedere di agire in modo maggiormente coerente, dato che l'ottimo contributo avanzato l'anno scorso alla Commissione, "Un progetto alternativo per la crescita", nell'ambito del Programma Nazionale di Riforme,è in contraddizione rispetto al Fiscal compact. Per Rivoluzione civile, dove non vale la cartina al tornasole della responsabilità di governo, ci si può augurare che de Magistris riesca a dare una nuova centralità al Mezzogiorno. Tutti dovranno aver ben presente, comunque, che la Questione meridionale deve essere posta in chiave nazionale ed europea.
L'autore fa parte dello staff del sindaco de Magistris
ALESSIO POSTIGLIONE
Fonte : la Repubblica.it

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