A 24 anni lavorava nella City. Selezionava personale per le più grandi banche d’affari del mondo (Merrill Lynch, assorbita dalla Bank of America, Goldman Sachs, Lehman Brothers, morta con il crollo di Wall Street, Barclays Capital, Bnp Paribas, Unicredit).
venerdì 31 agosto 2012
Antonio Cucco Fiore aderisce all'appello a Pino Aprile
Antonio Cucco Fiore, imprenditore pugliese, presidente di Murgiamadre e tra i protagonisti del libro di Pino Aprile, Giù al Sud, aderisce all'appello.
A 24 anni lavorava nella City. Selezionava personale per le più grandi banche d’affari del mondo (Merrill Lynch, assorbita dalla Bank of America, Goldman Sachs, Lehman Brothers, morta con il crollo di Wall Street, Barclays Capital, Bnp Paribas, Unicredit).
A 24 anni lavorava nella City. Selezionava personale per le più grandi banche d’affari del mondo (Merrill Lynch, assorbita dalla Bank of America, Goldman Sachs, Lehman Brothers, morta con il crollo di Wall Street, Barclays Capital, Bnp Paribas, Unicredit).
Un giorno Antonio Cucco Fiore, nato nell’81, ha deciso di tirare un calcio alla vita londinese e cominciare a giocare in casa. Il pallone era bello e sistemato su un campo di Gravina in Puglia, sua città natale, da un pezzo. Solo che nessuno ci aveva fatto mai caso. Ma lui, che il fiuto ce l’ha e l’ha affinato all’estero, è riuscito a prenderlo al volo e a farne una delle ricchezze della sua città. Il discorso non ha niente di metaforico. E questa è la storia di un ragazzo che, dopo aver fatto tante esperienze di lavoro e vita fuori dai confini nazionali, ha sentito il richiamo della sua terra, il tacco d’Italia, e lì ha cominciato a pensare di commercializzare in modo serio il pallone, che è un formaggio di origine antichissime.
Ma come ha fatto Antonio, con una laurea in Economia Aziendale all’Università di Bari, un Master of Busieness Administration all’ University of Buckingham di Londra, a lasciare una vita dinamica, una città ben organizzata per una cittadina come Gravina in Puglia?
Leggi la sua intervista sul blog tipitosti.com
giovedì 30 agosto 2012
L'Associazione Sacco e Vanzetti aderisce all'appello a Pino Aprile !
Matteo Merolla, Presidente Associazione Sacco e Vanzetti, ha aderito con entusiasmo all'appello a Pino Aprile.
Ringraziamo il dott. Merolla per l'adesione e gli diamo appuntamento l'otto settembre a Margherita di Savoia !
Ringraziamo il dott. Merolla per l'adesione e gli diamo appuntamento l'otto settembre a Margherita di Savoia !
martedì 28 agosto 2012
Il nostro blog nazionale del Partito del Sud supera il traguardo del 1° Milione di visite!
Annunciamo con piacere che il nostro blog nazionale:
http://partitodelsud.blogspot.com
ha superato il milione di visite dopo soli 4 anni dalla sua nascita, diventando presto uno dei siti più visitati dell'intera galassia meridionalista.
I nostri complimenti in primis a Natale Cuccurese, il nostro Co-Presidente nazionale, che l'ha fondato ed a Rosanna Gadaleta che ha curate l'ultimo restyling, oltre a tutti gli amici del Partito del Sud che hanno collaborato non solo a crearlo, ma soprattutto ad alimentarlo con diversi articoli ed a rinnovare periodicamente il nostro blog per renderlo sempre più interessante e punto di riferimento.
Enzo Riccio
Segr. Org. Nazionale
Partito del Sud
giovedì 23 agosto 2012
Aggredito Francesco Borrelli, Responsabile dei Verdi in Campania !
Esprimiamo piena solidarietà, come dirigenti ed iscritti del Partito del Sud, al nostro amico Francesco Emilio Borrelli, Responsabile dei Verdi in Campania e neo assessore all'ambiente della giunta del Comune di San Giorgio a Cremano (Na), per la vile aggressione subita ieri 22 Agosto da prostitute nella zona periferica di Napoli, mentre era intento a fotografare quei luoghi di degrado ambientale ed umano per documentarne lo stato d'indicibile abbandono e lo status quo.
Andrea Balìa
NAPOLI - «Ieri sera sono stato aggredito da alcune prostitute nella Via Repubbliche Marinare angolo Via delle Brecce mentre avevo iniziato a fotografare le strade piene di donne e travestiti che intorno alle 20 avevano preso totalmente possesso del territorio. Volevo documentare lo status quo di una dei tanti luoghi di Napoli invasi da queste persone chiaramente nelle mani della criminalità». A renderlo noto è il commissario regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli. «Ero a debita distanza e non mi sono accorto che tre donne certamente di origine africana si erano appostate alle mie spalle e così mi hanno improvvisamente aggredito tentando di levarmi la macchina fotografica digitale di mano - racconta - Una mi ha afferrato la mano, un'altra mi morso sulla spalla e la terza mi ha infilato una mano nella tasca della giacca strappandomela».
«Una delle donne da cui mi ero divincolato - continua Borrelli - mi ha improvvisamente lanciato una bottiglia addosso che mi ha colpito alla testa. Anche dall'altra parte della strada sono cominciate a volare bottiglie di vetro da parte di altre prostitute verso la mia persona ed il mio scooter che mi hanno colpito di nuovo in testa e in vari punti del corpo. Per fortuna avevo il casco e sono riuscito a fuggire e a chiamare la Polizia che dopo circa 30 minuti mi ha raggiunto in un stazione di servizio vicina e mi ha riaccompagnato sul luogo dell'aggressione da cui ovviamente erano scappate tutte queste donne ma erano rimaste le bottiglie di vetro e alcuni oggetti sparsi per strada che si trovavano nella tasca strappata della mia giacca».
La polizia mi ha accompagnato a farmi refertare all' Ospedale Vecchio Pellegrini - conclude Borrelli - dove hanno riscontrato una contusione della regione lombare destra e mi hanno dato tre giorni di prognosi. Poi ho denunciato l' accaduto in Questura dove sono rimasto fino alle 23.15 circa. Credo che questo terribile episodio possa servire a far capire a tutti quanti che la situazione della prostituzione non può restare come è oggi tollerata in modo ipocrita da tutti per non affrontare il problema. Queste povere persone chiaramente in mano alla criminalità rappresentano un pericolo per se stesse e per la collettività. Ritengo che la proposta del Sindaco di Napoli di metterle in luoghi controllati e protetti sia il modo migliore per difenderle e per arginare un fenomeno che oramai ha invaso tutti i quartieri della città.
A chi ipocritamente continua a dire che la prostituzione non si combatte legalizzandola io rispondo che è meglio controllarla e gestirla da parte dello Stato facendo pagare a queste persone anche le tasse che lasciare tutto nelle mani della camorra come avviene oggi».
«Esprimiamo piena solidarietà a Francesco Emilio Borrelli - aggiungono il capogruppo dei Verdi Ecologisti al comune di Napoli Carmine Attanasio insieme al segretario provinciale del Sole che Ride Carlo Ceparano - che ha solo svolto una normale azione di cittadino attivo. Non dovrebbe essere pericoloso girare per alcune strade della città note alle forze dell'ordine e rischiare la vita ma soprattutto non è tollerabile che si continui a non fare nulla per arginare e controllare il fenomeno della prostituzione a Napoli ed in Italia».
Fonte : www.ilmattino.it
mercoledì 22 agosto 2012
Patruno: "Il Mezzogiorno sarà l'ora da cui tutto ripartirà"
di
Maria Curci
Fonte: Affaritaliani.it

“Ricomincio
da Sud. E’ qui il futuro d’Italia”, prodotto da Rubbettino Editore, è
l’ultima opera letteraria di una delle voci e penne del Sud, tra le più
autorevoli sulla questione meridionale: il giornalista e saggista Lino
Patruno.
Da
appassionato meridionalista, l’ex direttore della Gazzetta del
Mezzogiorno invita ad intraprendere un viaggio di scoperta
circumnavigando, ma soprattutto attraversando, per intero il Meridione: “Una
visita guidata che spezzi il monopolio di un Sud mai descritto da se stesso, ma
sempre pensato da altri solo come divario e sottosviluppo.”
Un
viaggio che l’autore intraprende portando i lettori, specie se conterranei, a
squarciare il velo su aspetti della propria terra, che ancora
volutamente o inconsapevolmente s’ignorano. Un Meridione che conta eccellenze di
un certo rispetto e di cui Patruno ci mette a conoscenza, deliziandoci con un
provocatorio, tendente quasi al rimprovero, “Lo
sapevate che?”. Per poi quasi sentenziare: “vedremo,
come dicono i filosofi, che dove crescono i mali fioriscono le possibilità di
salvezza. Vedremo che Mezzogiorno è l’ora dalla quale ripartirà
tutto.”
L'INTERVISTA:
“Alle
sponde del Mediterraneo”, “Alla riscossa terroni. Perché il Sud non è diventato
ricco. Il caso Puglia”, “Fuoco del Sud. La ribollente galassia dei Movimenti
Meridionali”, sono i titoli di alcuni dei libri da Lei scritti, fino ad arrivare
all’ultimo nato “Ricomincio da Sud. E’ qui il futuro d’Italia”, tutti
riguardanti la questione meridionale. Questo vituperato, e al contempo osannato,
Sud - nonostante la globalizzazione economica mondiale, nonostante gli
onnipresenti pruriti secessionistici di qualche politicante con annesso manipolo
di seguaci, nonostante la più volte declamata inerzia dei suoi abitanti - è
riuscito seppur arrancando (come, d’altronde, da tradizione secolare) ad
arrivare al XXI secolo. Detto questo si può dire, senza remore, che questo Sud
tutto è sempre stato fuorché arrendevole?
Vorrei
sicuramente dire che è così, ma direi una mezza bugia. Col suo sacrificio, con
la sua laboriosità, col suo rigore morale il Sud d’Italia è riuscito a
resistere: non dimentichiamo che, nonostante tutto, fa parte del 15% più ricco
del mondo e che senza Sud non esisterebbe neanche l’Italia, nonostante le
panzane che raccontano i leghisti. E non ci sarebbe neanche un Nord senza questo
Sud. Tuttavia, non si può dire che il Sud non sia stato arrendevole, che sia
vissuto più che sopravvissuto. Era difficile combattere contro un sistema di
potere nordico forte delle sue banche, delle sue grandi aziende, della sua
finanza, dei suoi giornali. Ma pochi rappresentanti del Sud, e non solo quelli
politici, ci hanno provato. E’ valso il famoso meccanismo: noi vi diamo soldi
(coi quali acquistate i nostri prodotti), voi ci date i voti per lasciare tutto
come sta e stiamo contenti tutti. Ma il Sud non poteva esserne contento: infatti
dal Sud si continua a emigrare.
In
seno alla questione meridionale si sono spesso addossate larghe fette di
responsabilità ai governi centrali che si sono susseguiti nel corso degli anni
sulla scena politica nazionale, oltre che locale. Adesso che a farla da padrone
è un governo noto più per la sua tecnicità che per un’appartenenza politica vera
e propria, pensa si stiano ponendo le basi per una effettiva regolarizzazione
del Sud oppure questa prospettiva è ancora ben lungi dall’essere
realizzata?
Assolutamente
no. Anche questo governo, e non per sua responsabilità, si trova a operare in
situazione di emergenza: occorre anzitutto ridurre il debito. Ma per ridurre il
debito non basta tagliare, bisogna anche crescere: e il solo posto in cui
l’Italia può crescere è il Sud. Però si fa finta di niente. Anzi si continua a
dire che, se riprenderà a marciare la locomotiva del Nord, tutta l’Italia (cioè
il Sud) verrà appresso come un vagone. Ma è per questo che, anche quando è
cresciuta, l’Italia è cresciuta molto meno di quanto avrebbe potuto. Perché ha
il tesoro del Sud, dove tanto si può fare, ma continua a ignorarlo.
In
“Ricomincio da Sud. E’ qui il futuro d’Italia”, Lei sostiene che le rivoluzioni
per mezzo di Internet di Tunisia, Egitto e Libia in realtà non hanno portato
tutta la democrazia desiderata ma perlomeno hanno aiutato questi Paesi a
rimettersi in moto. Pensa che potrebbe mai esserci un movimento sulla falsariga
di quello della “primavera araba” anche qui nel Mezzogiorno?
Forse
c’è già, bisogna solo mettere l’orecchio per terra e capire dove vanno i
cavalli, come si faceva nel Far West. Ci sono al Sud giovani che emigrano, ma ci
sono anche quelli che restano, come ci sono quelli che tornano. E c’è una
società civile molto meno dormiente di quanto sembri. E poi, l’ombelico del
mondo si sposta verso il Mediterraneo. Ci sono, sull’altra sponda, 160 milioni
di giovani con meno di trent’anni: e i giovani sono una forza esplosiva, come le
rivoluzioni via internet hanno dimostrato.
A
dominare la scena della cronaca nazionale in questi giorni è la questione
tarantina rappresentata dal caso Ilva (di cui Affari stesso se n’è occupato nel
dossier “Il Patto D’Acciaio”, Affari Italiani Editore) e dal conseguente spettro
della disoccupazione che affligge i lavoratori dello stabilimento siderurgico.
Lei che opinioni ha avuto modo di formarsi in merito?
L’Ilva
è un simbolo del lavoro del Sud: difendere il lavoro anche a costo della salute.
Mai il Sud avrebbe dovuto essere in tali condizioni. Ma ora che il problema si è
imposto, il progresso del Sud e dell’Italia dovrà passare attraverso tante altre
simboliche Ilva che ci sono al Sud, e tante altre da crearne su nuove basi. Il
futuro è a Sud.
venerdì 17 agosto 2012
Merlo del "Venerdì" di "la Repubblica" ci risponde. Il nostro commento...
due settimane fa sull'allegato "il Venerdì" de "la Repubblica", il giornalista Merlo scrisse un pezzo sui tatuaggi molto interessante, ma dove ci infilò un pò di solita retorica antimeridionale su d'una presunta volgarità napoletana che tenderebbe ad infettare l'Italia. Protestammo con un nostro scritto che inviammo alla redazione e ci fu scritto che oggi, in data 17 Agosto, egli ci avrebbe risposto. E infatti la risposta è giunta, così come la nostra controrisposta che gli abbiamo già inviato.
Pubblichiamo qui il tutto :
"NAPOLI E I TATATUAGGI RICORDANDO CROCE"
Caro Balìa, rispondo a lei, a tutti gli amici napoletani, e anche a quei quattro scalmanati con la coda di paglia che degradano il Campanile alla più bieca delle curve da stadio, non cittadini ma tifosi ultrà. Io sono siciliano, con la gioia d'essere figlio di una napoletana, e dunque non ho certo bisogno di fare retorica meridionalista e partenopea, e di ricordare che napoletana la sola aristocrazia europea d'Italia, che è meridionale la lingua italiana, per non parlare della buona cucina, del buon gusto, della cultura, sia raffinata e sia popolare, pernacchia compresa. Come si vede, io non sono neppure refrattario ad un sano campanilismo, forse perchè non ho la fortuna di vivere a Napoli e perciò di stancarmene. Ma la radicata idea che espressionismo creativo e volgarità siano molto meridionali e dunque napoletani non è solo pregiudizio, altrimenti Napoli non sarebbe la città delle esagerazioni : letterarie come Gomorra, artistiche come Eduardo e come Garrone, politiche come Bassolino e De Magistris, neomelodiche come Gigi D'Alessio, criminali come i Casalesi, comiche come Totò...Benedetto Croce diceva che Napoli è il "paradiso abitato da diavoli". Questo giudizio, che Croce deduceva da secoli di storia e di vita artistica e letteraria, è un tatuaggio indelebile sul corpo di Napoli, falso e al tempo stesso vero come tutti i tatuaggi, anzi <>.
Francesco Merlo
la nostra "controrisposta" :
Egregio Merlo,
apprezzo e ringrazio per la sua
risposta.
La quale, pur volendo smarcarsi da una retorica
antimeridionale, nei fatti la conferma. Lei cita Croce, monumento della nostra
letteratura, ma il buon Don Benedetto scrisse il famoso "Regno di Napoli", dove
preferì dedicare 2 terzi del libro a pallosissime spiegazioni d'intrecci
dinastici e manco un rigo al brigantaggio e a quei morti (diverse migliaia)
causate dal processo unitario. Liquidò tutto con l'ineluttabilità che
quell'unità avvenisse, sorvolando su metodi e conseguenze. Quindi anche Croce
non è la bibbia e il suo "paradiso abitato da diavoli" è pieno di pregiudizi e
luoghi comuni. I napoletani sono quel che sono, forse eccessivi come Lei dice,
ma niente di più e quel suo "volgari" mi conceda è gratuito e pressapochista.
Anche Bocca era un grande, tranne quando parlava di Sud, dove ci sarebbero
voluti gli scappellotti (come si fa con i bambini) ogni volta che dissertava
(puro eufemismo!) di Meridione! Sono convinto che Lei essendo siciliano non è
antimeridionale (altrimenti sarebbe molto preoccupante), ma ciò che dice è
comunque in quel senso diffuso di pregiudizi gratuiti che poi determinano quel
che Lei chiama "tifo da curva".
Fuor d'ogni intenzione trascinarLa in una diatriba
epistolare, ma tant'è....
Cordialmente
Andrea Balìa
mercoledì 15 agosto 2012
Pino Aprile vince il Premio CACCURI di Saggistica!
riceviamo e pubblichiamo :
Pino Aprile, col volume Terroni, ed. Piemme, ha vinto la prima edizione del Premio Caccuri di saggistica; al secondo posto si è classificato Piergiorgio Odifreddi con Una via di Fuga, mentre Piegiorgio Morosini, con Attentato alla giustizia è arrivato terzo.
I tre autori sono stati premiati alla fine di una serata molto bella e interessante seguita, ancora una volta da centinaia e centinaia di persone assiepate su viale Convento e sulla adiacente via G. Dardani. Interessanti, come sempre, gli interventi degli Autori, con un Odifreddi particolarmente ispirato, un Aprile sempre più appassionato alla questione meridionale e un Morosini sempre efficace sui temi della giustizia e dei diritti dei cittadini, ma molto interessanti anche i dibattiti e le interviste che si sono succeduti nel corso della serata.
Fonte : www.zoomsud.it
martedì 14 agosto 2012
14 agosto 1861, eccidio nefando dei bersaglieri di Cialdini
Il
criminale di guerra Enrico Cialdini, dopo aver massacrato Gaeta con 160 mila
bombe, causando la morte di ben 4000 persone tra civili e militari, oltre ad
aver rasa al suolo la città tirrenica, indirizzò la sua mania di distruzione
verso il Sannio. L'eccidio di Pontelandolfo è stato descritto giorno per giorno
dal sottoscritto nel libro " I Savoia e il massacro del Sud", edito dalla
Gandmelò nel 1996. Fino ad allora nessuno ne parlava. Lo scorso anno lo Stato ha
chiesto scusa alla città sannita. Oggi tutti ne parlano. Abbiamo subito
processi, siamo stati vituperati, sbranati dalla ciurma irregimentata al potere
costituito. Pontelandolfo è solo un simbolo, ma stragi sono state perpretate in
tutta Italia dal regime monarchico sabaudo. Questa repubblica,se vuole diventare
civile, deve prima di tutto condannare senza mezzi termini quella monarchia
infame. Deve cancellare tutte le leggi e decreti legge di quel periodo, tra i
più neri della storia d'Italia. Finchè le istituzioni repubblicane festeggiano
coloro i quali hanno commesso crimini contro l'umanità, al Sud come al Nord
della penisola, non saremo mai promossi tra le nazioni civili. In Germania non
hanno strade intitolate ad Hitler, nè gli ebrei hanno intitolato piazze ai loro
carnefici. In Francia il 14 luglio si festeggia la repubblica e non la
monarchia. L'unità della Francia fu fatta dalla monarchia. In America il 4 di
luglio festeggiano la loro libertà, non quella della monarchia inglese.In
Italia, il parlamento padano momentaneamente di stanza a Roma, ha deciso di
festeggiare il 17 marzo, data in cui nacque il Regno d'Italia. Uno squallore
indicibile.

L'Eccidio
di Pontelandolfo e Casalduni
di
Antonio Ciano
Era
l’alba del 1° agosto dell’anno 1861. A Pontelandolfo si avvertiva nell’aria
odore di fermento. I poveri raccolti non bastavano più a pagare le tasse ed i
balzelli imposti dalle autorità piemontesi. I contadini avevano assistito
increduli alle gesta del generale Garibaldi. Ben presto si erano resi conto che
stava dalla parte dei borghesi, dalla parte dei signorotti. Gli eccidi di
Bronte, Niscemi e Regalbuto l’avevano detta lunga sulla sua appartenenza di
classe a da che parte stava.
I
pontelandolfesi erano stanchi delle razzie piemontesi, della guardia mobile, dei
loro notabili. Le nuove disposizioni del giugno 1861 circa la coscrizione di
leva avevano agitato ancora di più le acque. I giovani preferirono la macchia al
nuovo padrone piemontese, preferirono gli stenti, i sacrifici, la morte. Il
popolo rimpiangeva i tempi in cui governavano i Borbone e non aspettava altro
che il momento in cui la rabbia di un anno di vessazioni sarebbe esplosa.
L’arciprete
Don Epifanio De Gregorio assieme ad una moltitudine di attivisti borbonici
manteneva i contatti con i contadini, sapeva infondere loro la speranza di un
domani migliore in quanto con il prossimo ritorno di Re Francesco si sarebbe
ristabilito il vecchio ordine. Finalmente ci si poteva organizzare attorno ai
partigiani che stazionavano sui monti e cacciare i liberali dissacratori di
chiese e saccheggiatori di beni.
Nonostante
il servizio al corpo di guardia fosse stato rinforzato, il giorno 2 agosto, il
partigiano Gennaro Rinadi detto Sticco, si presentò al sindaco Melchiorre
consegnandogli una missiva su cui c’era scritto che il sergente dei regi
Marciano, comandante della brigata partigiana Frà Diavolo, chiedeva al primo
cittadino 8.000 ducati, due some di armi e viveri entro 48 ore, altrimenti
avrebbe messo a ferro e fuoco le case dei traditori liberali. Tale somma doveva
essere consegnata al latore del biglietto.
Chiamato
dal sindaco, il 3 agosto giunse in paese il colonnello della Guardia Nazionale
De Marco a capo di una colonna di 200 mercenari. Una cinquantina di guardie
chiusero l’entrata della piazza mentre gli altri cominciarono a razziare le case
dei pontelandolfesi. Ma era rimasto ben poco da rubare, la gente era affamata.
Venne saccheggiata anche la chiesa di San Rocco dove De Marco e i suoi mercenari
avevano preso alloggio.
Durante
la notte tra il 4 ed il 5 agosto le montagne che cingevano Pontelandolfo
brulicavano di partigiani: i fuochi accesi erano tantissimi e davano coraggio
alla popolazione, scoramento e paura ai liberali.
Il
colonnello garibaldino De Marco inquieto diede ordine alla sua colonna di
prepararsi ad abbandonare il paese.
Il
6 agosto emissari di Don Epifanio raggiunsero al galoppo l’accampamento di
Cosimo Giordano per invitare i partigiani regi in chiesa a ringraziare il
Signore.
La
brigata Frà Diavolo composta da circa trenta partigiani, dopo l’azione di
guerriglia di San Lupo si diresse verso Pontelandolfo. Il paese era in festa per
la fiera di San Donato in pieno svolgimento. Tutti aspettavano con impazienza
l’arrivo dei loro eroi, l’arrivo dei partigiani regi comandati da
CosimoGiordano che stava combattendo la guerra santa contro gli infedeli
piemontesi.
Il
7 agosto mentre il campanile rintoccava la quinta ora pomeridiana, la brigata
d’eroi giunse in paese tra ali di folla in festa. L’arciprete Don Epifanio de
Gregorio cominciò a lodare il signore con il Te Deum per ringraziare Francesco
II. I guerriglieri, seguiti da oltre tremila popolani, si diressero verso il
Corpo di Guardia, disarmarono i pochi ufficiali rimasti e lo devastarono. I
quadri di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi furono ridotti in mille pezzi, le
suppellettili furono messe sottosopra. La bandiera tricolore fu staccata e dal
panno bianco si strappò lo stemma sabaudo. Il popolo eccitato, come ubriacato
dall’avvenuta libertà, urlava, gridava la propria gioia.
Angelo
Tedeschi da San Lupo, ritenuto essere la spia dei piemontesi, fu scovato
rannicchiato nella sua stalla, sotto il fieno, e freddato con un colpo di fucile
da Saverio Di Rubbo. Nella bolgia, un colpo vagante colpì, ferendolo, Pellegrino
Patrocco, eremita di Sassinoro, ed un altro colpì in casa sua, uccidendolo,
Agostino Vitale. L’esattore Michelangelo Perugini, liberal massone e reo di aver
spremuto e ricattato i contadini, fu ammazzato e la sua casa bruciata. Il popolo
poteva sfogare la propria rabbia repressa da un anno di sudditanza totale, di
dittatura, di terrore, di ruberie, di violenze subite e mal celate. Cosimo
Giordano ed il suo vice, seguiti dal popolo, si diressero verso la casa
Comunale, ove distrussero i registri dei nati per evitare la chiamata alle armi
dei giovani di Pontelandolfo in caso che i piemontesi avessero rimesso i piedi
nel paese. La bandiera tricolore fu bruciata sul balcone e al suo posto venne
issata quella borbonica. I prigionieri furono liberati dal carcere. Venne
istituito un governo provvisorio. Pontelandolfo, dunque, era diventata il centro
della reazione borbonica nel Sannio. Guerriglieri dei paesi limitrofi,
specialmente quelli di Casalduni e di Campolattaro, erano venuti ad ingrossare
la banda di Giordano per tenere alto l’onore del Regno delle Due Sicilie e di
Francesco II.
Il
9 agosto, trenta partigiani furono scelti per attaccare la carrozza postale che
ogni giorno passava per la provinciale, portando qualche passeggero e i soldi
che servivano alle spese della truppa e degli impiegati piemontesi. Soldi e
balzelli che il governo di Torino esigeva dalle popolazioni, che dovevano
persino pagare la famosa tassa di guerra. Non vi fu alcuna azione cruenta, a
tutti i passeggeri furono rubati solo i soldi ed i loro preziosi. Intanto Cosimo
Giordano fece fucilare Libero D’Occhio dopo un processo sommario che lo
riconobbe spia dei piemontesi e traditore della patria.
La
bandiera gigliata sventolava sui pennoni più alti. Con i soldi sequestrati dai
partigiani furono sfamate le famiglie che più avevano bisogno. Al Comune si
distribuiva il pane, i muri delle case erano tappezzati di manifesti inneggianti
alla rivolta contro i piemontesi e le strade piene di volontari. I manifesti
affissi durante la notte dai partigiani della banda Giordano riportavano il
proclama del Comandante in CapoChiavone che operava tra la Ciociaria e gli
Ausoni.
Su
ordine del Generale Cialdini il 13 agosto partì da Benevento una colonna di
bersaglieri, tutti tiratori scelti, comandata dal Generale Maurizio De Sonnaz,
detto Requiescant per le fucilazioni facili da lui ordinate e per il massacro di
parecchi preti e l’attacco ad abbazie e chiese. Il generale piemontese era a
capo di novecento bersaglieri assassini e criminali di guerra. Il colonnello
Negri procedeva a cavallo, con al suo fianco il garibaldino del luogo de Marco e
due liberali pure del posto a far da guida ai cinquecento bersaglieri, che
costituivano la colonna infame che stava dirigendosi verso Pontelandolfo.
Un’altra colonna di quattrocento bersaglieri si stava portando verso
Casalduni.
Era
l’alba del 14 agosto. Gli ordini di Cialdini erano precisi: Pontelandolfo doveva
pagare con la morte la sfida fatta al potente Piemonte.
La
banda di Cosimo Giordano bivaccava a circa un chilometro dal paese, nella selva,
tra i monti presso la località Marziello. I partigiani avvertiti dai pastori,
s’erano appostati per tendere un agguato ai piemontesi, ma erano solo cinquanta.
Una scarica di pallottole colse di sorpresa i bersaglieri. Tutti scesero da
cavallo, qualcuno cadde morto, altri furono feriti, altri ancora risposero al
fuoco, ma era ancora buio e la selva copriva le ombre dei partigiani borbonici,
i quali continuavano a sparare sul mucchio, alla cieca, non potendo mirare
giusto data l’ora mattutina. La sparatoria durò pochi minuti, ma fu feroce e
ravvicinata. Gli uomini di Giordano, avvantaggiati dall’effetto sorpresa vedendo
che i bersaglieri prendevano posizione di combattimento e presagendo una
sconfitta, naturale, date le forze in campo, si diedero alla fuga. I bersaglieri
contarono venticinque morti. Il colonnello Negri, anziché inseguire i patrioti
di Giordano, diede ordine al plotone di comporre le salme dei caduti e di
proseguire la marcia verso Pontelandolfo. L’esercito piemontese circondò il
paese, fucile alla mano, pronto a far fuoco. Un plotone, con il De Marco e due
liberali, entrò nella città ad indicare le case dei settari massoni da salvare.
Portata a termine l’operazione salvataggio dei settari, che non superavano la
decina, i bersaglieri si gettarono a capofitto nei vicoli e nelle strade di
Pontelandolfo. Erano le quattro del mattino quando ebbe inizio l’eccidio. Le
case furono incendiate. Gli abitanti, armati di roncole e forche, tentarono una
sterile difesa, ma i fucili dei piemontesi ebbero inesorabilmente la meglio su
di loro. Alcuni vennero stesi nella propria abitazione, altri dormienti nel
proprio letto, altri mentre fuggivano. Qualcuno riusciva ad oltrepassare la
porta di casa ma veniva abbattuto sull’uscio senza pietà. Grida, urla, gemiti
dei feriti, pianti dei bambini. Pontelandolfo fu messa a ferro e fuoco. Tutto il
paese bruciava. Nicola Biondi, contadino sessantenne, fu legato ad un palo della
stalla da dieci bersaglieri, i quali denudarono la figlia Concettina, di sedici
anni, e tentarono di violentarla. Ma la ragazza difese strenuamente l’onore.
Dopo un’aspra colluttazione, sanguinante cadde a terra esanime. Una scarica
micidiale di pallottole abbatté il padre Nicola. Decine e decine erano i
cadaveri disseminati nei vicoli, nelle strade, nelle piazze. Alle ore sei metà
paese era in fiamme, mentre i bersaglieri continuavano la mattanza. Ancora
uccisioni, stupri, fucilate, grida, urla. I vecchi venivano fucilati subito e
così i bambini che ancora dormivano nei loro letti. Dopo aver ammazzato i
proprietari delle abitazioni, le saccheggiavano: oro, argento, catenine,
bracciali, orecchini, oggetti di valore, orologi, pentole e piatti. Il sangue
scorreva a fiumi per le strade di Pontelandolfo. Prima ad essere saccheggiata fu
la chiesa di San Donato, ricca di ori, di argenti, di bronzi lavorati, di voti,
persino le statue dei santi furono trafugate. Il saccheggio e l’eccidio durarono
l’intera giornata del 14 agosto 1861. Donne seminude, sorprese mentre dormivano,
cercavano scampo fuggendo; ma, se vecchie, venivano subito infilzate, se giovani
ed avvenenti, venivano violentate e poi uccise. I morti venivano accatastati
l’uno sull’altro. Chi non riusciva a morire subito doveva anche sopportare la
tortura del fuoco, che veniva appiccato sopra i cadaveri con legna secca e
fascine fatte portare lì da giovani sotto la minaccia delle baionette.
Dopo
ore di stragi, di eccidi, di massacri, di ruberie, il generale De Sonnaz* fece
suonare l’adunata ed il ritiro della colonna infame. Al suono del trombettiere
tutti si ritirarono. Inquadrati sull’attenti al cospetto del generale De Sonnaz
e del colonnello Negri, si diressero verso Benevento, ove il giorno dopo, nei
loro alloggiamenti, mercanteggiarono tutto il bottino sacro profanato. Il
laconico messaggio del colonello Negri, di passaggio da Fragneto Monforte,
recitava:
Truppa
Italiana Colonna Mobile – Fragneto Monforte lì 14 Agosto 1861 ore 7 a.m.
Oggetto: Operazione contro i Briganti: Ieri mattina all’alba giustizia fu fatta
contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora. Il sergente del 36°
Reggimento, il solo salvo dei 40, è con noi. Divido oggi le mie truppe in due
colonne mobili; l’una da me diretta agirà nella parte Nord ed Est, l’altra sotto
gli ordini del maggiore Gorini all’Ovest a Sud di questa Provincia la quale
pure, come più prossima a Benevento, dovrà tenere frequenti comunicazioni colla
S.V. Informi di ciò il Generale Cialdini ed il Generale Pinelli. Il Luogotenente
Colonnello Comandante la Colonna; firmato Negri.
Al
Sig.Governatore della provincia di Benevento p.s. Stasera sono a Fragneto
l’Abate, ove, occorrendo può farmi tenere sue nuove fino alle nove di
notte.
Per
copia conforme
L’ennesimo
truculento eccidio era stato portato a compimento con forsennata ferocia e senza
pietà alcuna verso una popolazione inerme, fiera del suo Re Borbone, fiera della
sua dignità, fiera della sua libertà, fiera della sua storia ultrasecolare,
fiera di essere italiana, fiera della sua religione.
_______________________________________________________________________________
*
De Sonnaz: Soprannominato Requiescant per la sua propensione alle fucilazioni
sommarie [N. d. R.]
lunedì 13 agosto 2012
Una bandiera per il Sud: Pino Aprile, autore di Terroni e Giù al Sud
ESAUSTIVO COMUNICATO DEL NOSTRO PRESIDENTE ONORARIO ANTONIO CIANO :
Riceviamo e postiamo con condivisione:

di Antonio Ciano
L'otto settembre del 1943 il re travicello,Vittorio Emanuele III, quarto erede della dinastia dei cosiddetti re d'Italia,fuggì da Roma. Abbandonò gli italiani al loro destino, La rabbia tedesca fu terribile.L'otto di settembre del 2012 potrebbe essere una data storica per la rinascita politica del Sud. A Margherita di Savoia,località termale e balneare pugliese, potrebbe essere posta una pietra miliare nella nascita di un movimento politico meridionalista che veda tra i suoi attori principali il giornalista Pino Aprile autore di “Terroni” e “Giù al Sud”. Lo scorso luglio, sempre in Puglia, questa volta a Monte Sant’Angelo, era stata letta da Marco Esposito, assessore al Comune di Napoli e fervente meridionalista, una lettera/appello affinché Pino Aprile rompa gli indugi e passi dall’essere voce del Sud e coscienza critica di un’Unità d’Italia nata male e gestita peggio, all’essere guida di un movimento politico di riscatto e rinascita del sud.
Noi del continente,da poco stiamo trovando la nostra identità, ce l'avevano fatta perdere. Noi cantiamo "Brigante se more",,"sono meridionale"; Te Deum Gaeta";Ninco Nanco, Gloria Gloria. Balliamo la Pizzica, la Taranta, il Saltarello; cantiamo Matteo Salvatore, Federico Salvatore, I briganti elettrici, il grande Eddy Napoli; cantiamo Fiorella Mannoia, Teresa De Sio, i Kalafro, Capossela,Al Bano. Cantiamo le canzoni siciliane, napoletane, pugliesi, calabresi.
L'8 di settembre nascerà l'idea di un'aggregazione politica meridionalsta. Con noi ci saranno persone oneste, ci sarà il sindaco di Bari Michele Emiliano; speriamo ci sia anche De Magistris,Ci sarà Marco Esposito; Pino Aprile, il sottoscritto. Vorremmo ci fosse anche il dott Massimo Costa, grande esperto della Questione Meridionale, e speriamo arrivi tanta gente a sostenere l'Iniziativa di Marco Esposito e di varie associazioni del Sud. Chi vuole far fallire la speranza del Sud è sulla cattiva strada, li batteremo, perderanno la partita, perchè il Sud ha bisogno di un leader, il Sud ha bisogno di uomini che guidano la politica meridionalista. Siamo in tanti, il Nord comincia ad aver paura. Non a caso gli scrittori meridionalisti sono sempre criticati, dileggiati, a volte denunciati. Vorremmo che le varie anime del Sud si confrontassero in una democratica assemblea, dove ognuno portasse idee e progetti da sviluppare. Non vogliamo gli ipocriti, i delatori, gli ascari. I nemici di questa aggregazione possono essere tra noi, tra i nostri amici e compatrioti. Il direttivo del Partito del Sud, si sta spendendo per questa causa, come il sottoscritto, da anni e non permetteremo a nessuno di ostacolare il processo in atto. Se qualcuno ha idee diverse, può liberamente andare dove la loro ideologia è parte integrante. Destra e Sinistra li aspettano, da sempre.
domenica 12 agosto 2012
Viaggio nella luce del Sud
Il Sole 24 Ore
Viaggio nella luce del Sud
«Molti, e io fra questi, sono convinti che il Sud non sia un problema, ma una risorsa. Il Nord è saturo e se dobbiamo puntare sulla crescita, dobbiamo puntare sul Sud, dove esiste la materia prima, e cioè la materia grigia, per la crescita di un'economia postindustriale, fondata sull'alta innovazione tecnologica e la valorizzazione del capitale umano. A Sud infatti ci sono ancora le teste, c'è la demografia, c'è l'energia vitale e soprattutto c'è la fame».
Così afferma Marina Valensise, ben determinata a offrire un diverso punto di vista sul Mezzogiorno per convincere qualcuno dei suoi lettori a guardare in modo nuovo al Sud e alle opportunità che questa terra custodisce ed è pronta a esprimere, se mai riuscirà a fare i conti con se stessa sul piano umano e psicologico prima ancora che politico. In origine era un'inchiesta scritta per il «Foglio» di Giuliano Ferrara, un tentativo di studiare il nuovo laboratorio siciliano e di ricavarne una riflessione generale per aprire qualche porta sulla realtà meridionale. In breve tempo l'indagine giornalistica si è allargata, arricchendosi anche di elementi letterari e trasformandosi in un viaggio «contromano», cioè da Palermo a Napoli. Un viaggio ovviamente molto soggettivo che abbraccia tutto il Sud, compresa la Puglia vendoliana, e alla fine si traduce in un affresco innovativo che concede poco o nulla ai vecchi luoghi comuni e ai temi tradizionali, ormai alquanto abusati, della «questione meridionale» intesa come auto-commiserazione.
È un viaggio di conoscenza che parte da struggenti ricordi d'infanzia legati alle estati vissute a Polistena e via via riscopre il Sud di oggi, immenso territorio tutt'altro che omogeneo di cui si parla molto senza saperne granché. E non a caso il senso ultimo del libro è contenuto nello splendido titolo (Il sole sorge a Sud): un invito agli italiani del Nord a guardare con altri occhi al Mezzogiorno, ma soprattutto ai "sudisti" affinché prendano in mano il proprio destino, cominciando con la conquista di un'autostima tanto indispensabile quanto gravemente carente. Tutto è possibile, compresa la sconfitta delle organizzazioni criminali, ma il sole, appunto, deve sorgere a Sud: c'è bisogno di un rinascimento meridionale i cui artefici possono essere solo questi popoli figli di culture misteriose e complesse.
In sostanza un saggio dai molteplici piani di lettura, un viaggio raccontato come sarebbe piaciuto a Guido Piovene: scritto da una studiosa nota fra l'altro per la sua attività di traduttrice (ha curato l'edizione italiana delle opere del grande storico francese Furet, di cui era allieva) e da poco nominata responsabile dell'Istituto italiano di cultura di Parigi.
Marina Valensise, Il sole sorge a Sud. Viaggio contromano da Palermo a Napoli via Salento, Marsilio, Venezia, pagg. 364, € 22,00
Così afferma Marina Valensise, ben determinata a offrire un diverso punto di vista sul Mezzogiorno per convincere qualcuno dei suoi lettori a guardare in modo nuovo al Sud e alle opportunità che questa terra custodisce ed è pronta a esprimere, se mai riuscirà a fare i conti con se stessa sul piano umano e psicologico prima ancora che politico. In origine era un'inchiesta scritta per il «Foglio» di Giuliano Ferrara, un tentativo di studiare il nuovo laboratorio siciliano e di ricavarne una riflessione generale per aprire qualche porta sulla realtà meridionale. In breve tempo l'indagine giornalistica si è allargata, arricchendosi anche di elementi letterari e trasformandosi in un viaggio «contromano», cioè da Palermo a Napoli. Un viaggio ovviamente molto soggettivo che abbraccia tutto il Sud, compresa la Puglia vendoliana, e alla fine si traduce in un affresco innovativo che concede poco o nulla ai vecchi luoghi comuni e ai temi tradizionali, ormai alquanto abusati, della «questione meridionale» intesa come auto-commiserazione.
È un viaggio di conoscenza che parte da struggenti ricordi d'infanzia legati alle estati vissute a Polistena e via via riscopre il Sud di oggi, immenso territorio tutt'altro che omogeneo di cui si parla molto senza saperne granché. E non a caso il senso ultimo del libro è contenuto nello splendido titolo (Il sole sorge a Sud): un invito agli italiani del Nord a guardare con altri occhi al Mezzogiorno, ma soprattutto ai "sudisti" affinché prendano in mano il proprio destino, cominciando con la conquista di un'autostima tanto indispensabile quanto gravemente carente. Tutto è possibile, compresa la sconfitta delle organizzazioni criminali, ma il sole, appunto, deve sorgere a Sud: c'è bisogno di un rinascimento meridionale i cui artefici possono essere solo questi popoli figli di culture misteriose e complesse.
In sostanza un saggio dai molteplici piani di lettura, un viaggio raccontato come sarebbe piaciuto a Guido Piovene: scritto da una studiosa nota fra l'altro per la sua attività di traduttrice (ha curato l'edizione italiana delle opere del grande storico francese Furet, di cui era allieva) e da poco nominata responsabile dell'Istituto italiano di cultura di Parigi.
Marina Valensise, Il sole sorge a Sud. Viaggio contromano da Palermo a Napoli via Salento, Marsilio, Venezia, pagg. 364, € 22,00
Fonte : www.ilsole24ore.com
sabato 11 agosto 2012
Una richiesta netta e precisa da Luigi de Magistris...
"Il Governo sospenda subito l'acquisto dei cacciabombardieri e destini i miliardi in cultura, istruzione, ambiente, giovani e sicurezza interna."
Luigi de Magistris
Fonte : luigi de magistris Fb
Il Prof. Raffaele Giamminelli aderisce all'appello a Pino Aprile
Il prof. Raffaele Giamminelli, docente di Disegno e Storia dell'Arte e autore di numerosi saggi di successo, su siti storici e archeologici di Pozzuoli, aderisce con entusiasmo all'appello a Pino Aprile !
venerdì 10 agosto 2012
La Federico II accetta la disabile rifiutata dagli altri atenei italiani
NAPOLI - Il rettore della Federico II Massimo Marrelli, sollecitato dalle rappresentanze studentesche, ha contattato Rosanna Lovino, la studentessa disabile rifiutata dagli atenei italiani, garantendo la disponibilità dell'Università federiciana ad accoglierla. Il professor Paolo Valerio, responsabile della commissione d' ateneo per l'inclusione degli studenti diversamente abili - si legge nella nota -, è pronto a attivarsi per istallare i macchinari utili alla formazione a distanza della ragazza.
«La Federico II - spiega Antonio Angelino, presidente del Consiglio degli studenti dell'Ateneo - vanta una buona dotazione tecnologica dei propri poli scientifici e crediamo che non vi sia occasione migliore per poter mettere tali risorse a disposizione di una giusta causa».
Il rettore Marrelli, ha attivato il centro SINAPSI della Federico II (Servizi per l'Inclusione Attiva e Partecipata degli Studenti) affinchè vengano messe in atto tutte le condizioni necessarie affinchè la ragazza barese possa iscriversi.
«È paradossale - sottolinea Marcello Framondi, presidente della Confederazione degli studenti - che un sistema universitario che prevede un aumento del 126% della tassa regionale del diritto allo Studio non riesca a garantirne lo stesso. Invitiamo il ministro Profumo a riflettere come tagli scellerati e sprechi creino situazioni di questo tipo».
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Venerdì 10 Agosto 2012 - 17:22 Ultimo aggiornamento: 17:23
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giovedì 9 agosto 2012
Intervista a Marco Esposito...
Intervista di Tonia Ferraro su "il mediano.it" a Marco Esposito a Pietrarsa il 6 Agosto u.s. alla commemorazione dell'eccidio degli operai meridionali avvenuto nel 1863 :
Conclusa la manifestazione, abbiamo incontrato Marco Esposito, giornalista nonché assessore della Giunta De Magistris, per fare il punto della giornata (nella foto con Francesco Menna del Partito del Sud).
«Non credo che siamo venuti qui a raccontarci le stesse cose di ogni anno, perché l’importanza dell’evento, almeno per noi che ci siamo, è chiara. Anzi, dobbiamo ritrovarci in questo luogo per dirci ogni anno una cosa nuova. Negli ultimi tempi, grazie a chi ha seminato prima, sono cambiate alcune cose; certo, non sono ancora cambiati i libri di testo nelle scuole, ma le idee delle persone sì, cominciano a cambiare».
«Non credo che siamo venuti qui a raccontarci le stesse cose di ogni anno, perché l’importanza dell’evento, almeno per noi che ci siamo, è chiara. Anzi, dobbiamo ritrovarci in questo luogo per dirci ogni anno una cosa nuova. Negli ultimi tempi, grazie a chi ha seminato prima, sono cambiate alcune cose; certo, non sono ancora cambiati i libri di testo nelle scuole, ma le idee delle persone sì, cominciano a cambiare».
«Ci stiamo rendendo tutti conto che qui c’era la parte produttiva dell’Italia. Negli anni ’30 dell’ottocento, i treni a vapore erano come i computer odierni: il massimo della tecnologia. Nulla di più audace era stato mai inventato: avere la capacità di produrre qui a Pietrarsa i “computer” dell’epoca, voleva dire che si guardava lontano; voleva dire poterli vendere. Nessun governo minimamente razionale avrebbe chiuso la principale azienda del Paese; sarebbe stato logico che avessero annesso il Sud proprio perché c’erano cose che funzionavano: eliminarle del tutto è stato un atto di un insano tale che, poi, alla fine, l’hanno pagata. Avevano reso il Sud una sorta di deserto, e milioni di meridionali presero quei treni per emigrare al nord».
Quali sono le cose nuove?
«Ormai è noto l’appello fatto a Pino Aprile perché si unisca a noi: è il primo che ha scritto un libro e che è riuscito a sfondare una barriera di marginalità: vendere circa 300mila copie significa che un milione di persone hanno letto quel volume, persone che, leggendo quelle righe, hanno sofferto e hanno cominciato a chiedere di fare qualcosa. Si faranno molti atti simbolici, come quello del gemellaggio, ma devono esserci anche azioni concrete. Nascerà un giornale del Sud, scritto per il Sud e che possa parlare a tutti, a noi stessi e agli altri. La stampa, l’editoria, la televisione è tutta decisa altrove. Ricordo un episodio: quando scrivevo per “Repubblica”, il direttore Ezio Mauro, sollecitato dal capo dell’Economia a seguire il caso dell’eventuale privatizzazione dell’Acquedotto Pugliese, il più grande d’Europa, rispose che erano cose che interessavano solo ai terroni. Il tema non era considerato centrale da un direttore di un giornale nazionale. Dobbiamo, cominciare, perciò, a dare da noi le notizie che ci interessano, di ciò che ci riguarda. Naturalmente, dobbiamo essere uniti».
«Ormai è noto l’appello fatto a Pino Aprile perché si unisca a noi: è il primo che ha scritto un libro e che è riuscito a sfondare una barriera di marginalità: vendere circa 300mila copie significa che un milione di persone hanno letto quel volume, persone che, leggendo quelle righe, hanno sofferto e hanno cominciato a chiedere di fare qualcosa. Si faranno molti atti simbolici, come quello del gemellaggio, ma devono esserci anche azioni concrete. Nascerà un giornale del Sud, scritto per il Sud e che possa parlare a tutti, a noi stessi e agli altri. La stampa, l’editoria, la televisione è tutta decisa altrove. Ricordo un episodio: quando scrivevo per “Repubblica”, il direttore Ezio Mauro, sollecitato dal capo dell’Economia a seguire il caso dell’eventuale privatizzazione dell’Acquedotto Pugliese, il più grande d’Europa, rispose che erano cose che interessavano solo ai terroni. Il tema non era considerato centrale da un direttore di un giornale nazionale. Dobbiamo, cominciare, perciò, a dare da noi le notizie che ci interessano, di ciò che ci riguarda. Naturalmente, dobbiamo essere uniti».
Qual è stata la risposta di Pino Aprile?
«So che siamo abituati a cose diverse, a chi si arroga il diritto di decidere del nostro futuro. Credo che Pino Aprile sarà con noi se dimostreremo che dietro gli atti simbolici ci sono idee e volontà comune. Se questi progetti continueranno a viaggiare bene, Pino Aprile dirà: “Facciamolo insieme” Il senso è uno: o riusciremo ad essere, ognuno di noi, le gambe di questo grande Mezzogiorno che si mette in cammino, oppure non ci sono speranze».
«So che siamo abituati a cose diverse, a chi si arroga il diritto di decidere del nostro futuro. Credo che Pino Aprile sarà con noi se dimostreremo che dietro gli atti simbolici ci sono idee e volontà comune. Se questi progetti continueranno a viaggiare bene, Pino Aprile dirà: “Facciamolo insieme” Il senso è uno: o riusciremo ad essere, ognuno di noi, le gambe di questo grande Mezzogiorno che si mette in cammino, oppure non ci sono speranze».
A chi fa paura il Sud che riprende a camminare?
«Sembra strano, ma la paura ce l’abbiamo noi stessi, come se avessimo perso la capacità di credere nelle nostre possibilità. Perciò, il primo nemico da vincere è la nostra stessa paura. Poi, credo che ci sia un’ampia fetta di opinione pubblica del centro-nord dell’Italia che capirebbe, che appoggerebbe la nostra orgogliosa riscossa. Purtroppo, la parte che ora sta governando, ormai da troppo tempo, il Paese è quella più retriva e chiusa del Nord. Vede il Sud come un nemico e qualunque cosa accada qui viene guardata con sospetto; per cui, quei signori avrebbero paura».
«Sembra strano, ma la paura ce l’abbiamo noi stessi, come se avessimo perso la capacità di credere nelle nostre possibilità. Perciò, il primo nemico da vincere è la nostra stessa paura. Poi, credo che ci sia un’ampia fetta di opinione pubblica del centro-nord dell’Italia che capirebbe, che appoggerebbe la nostra orgogliosa riscossa. Purtroppo, la parte che ora sta governando, ormai da troppo tempo, il Paese è quella più retriva e chiusa del Nord. Vede il Sud come un nemico e qualunque cosa accada qui viene guardata con sospetto; per cui, quei signori avrebbero paura».
Perché si continua a penalizzare l’economia del Meridione?
Ci sono soluzioni prossime?
«Cerchiamo di dare la spiegazione più semplice: quando c’è una situazione di difficoltà economica, dovendo scegliere tra quali stabilimenti e cantieri tenere aperti, tendono a salvaguardare quelli del Nord. É una reazione di chiusura legata all’idea sbagliata che, amputando una parte del paese, nel nostro caso il Sud, l’Italia vada più veloce. É assurdo, è come se uno sportivo si tagliasse una gamba per essere più leggero e correre più forte. Questo è quello che sta facendo una fetta di nord, sicuramente minoritaria, ma maggioritaria nei governi che si sono succeduti negli ultimi anni».
Ci sono soluzioni prossime?
«Il nostro è un percorso che va fatto. Credo che proprio le fasi di crisi economica aprano spazi che altrimenti non potremmo immaginare, anche politici. Facciamo politica anche quando facciamo azioni di tipo culturale, di interesse collettivo per la città, la Polis. Quello che sta accadendo nel Mezzogiorno è legato soprattutto alla difficoltà economica; se fossimo stati negli anni ’70, in tempi più floridi, non sarebbero venute fuori queste profonde sperequazioni. Adesso che non si può sprecare nulla, adesso che ci stanno spolpando fino all’osso, bisogna reagire, per noi stessi, per i nostri figli; sono situazioni che incidono profondamente sulla vita delle persone e sulle loro prospettive e, giustamente, provocano una reazione. Personalmente, credo che la reazione positiva per noi possa essere anche molto rapida».
Autore: Tonia Ferraro
Fonte : www.ilmediano.it
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