"Funziona vendere il Patrimonio per
ripagare il debito? Il paradosso di Fisher nelle proposte neoliberiste di
Gianni Lettieri, leader dell'opposizione Pdl al Comune di Napoli. La mia
analisi per Repubblica."
Alessio Postiglione
Giovedì, 9 Maggio 2013 (Alessio Postiglione da la Repubblica Napoli!)
LA FONDAZIONE di Gianni
Lettieri, “Fare città”, sabato scorso ha presentato pubblicamente le sue nuove
proposte. Lettieri, strategicamente, rispetto all’approccio pubblicista dei
beni comuni dell’attuale giunta, rilancia una visione privatistica del Comune.
Due i
passaggi salienti: amministrare il Comune come un’azienda che produce utili e
vendita di tutto il patrimonio immobiliare alienabile e non strategico tramite
l’affidamento a una società specializzata. Tralascio l’analisi delle altre
proposte, spesso dal sapore elettoralistico, come il project financing,
previsto da leggi dello Stato — il problema al Sud sono semmai gli imprenditori
che investono — e l’idea di un amministratore unico per le partecipate,
superata da un recente provvedimento statale che proibisce di prendere
componenti nei board che non siano dipendenti pubblici. I due punti poc’anzi
portati all’attenzione del lettore sono quelli strategici, infatti, perché
rivelatori di una concezione, diffusa anche a sinistra, che definirei di
antistatalismo istituzionale. Non è solo la politica ad aver subito un lento e
pericoloso processo di logoramento, ma lo stesso Stato, percepito come una
consorteria inefficiente (“il comitato d’affari della borghesia”, direbbe Marx)
o un Leviatano che “mette le mani in tasca ai cittadini”, come ripetono le
destre. Lettieri, dunque, ripropone alcune vecchie idee neoliberiste, che sono
all’origine della crisi, e non ne possono rappresentare la soluzione. Questa
temperie antistatalista è allettante perché contiene una dose di buon senso e
semplificazione: è sotto gli occhi di tutti che il privato funzioni
generalmente meglio dello Stato. Ma la realtà è diversa, proprio perché è più
complessa. Particolarmente seducente è l’idea che un Comune povero nel reddito
(la leva fiscale) ma ricco nel patrimonio possa utilizzare quest’ultimo per
liberarsi dalla tenaglia del debito. Giova ricordare che la Patrimonio Spa, e
le società di cartolarizzazione Scip 1 e 2, volute nel 2001 da Tremonti, si
sono rivelate un grande flop. In quell’occasione, lo Stato mise su l’ennesimo
carrozzone pubblico, in cui si entrava senza concorso (potenza degli strumenti
privatistici: le Scip erano società di diritto lussemburghese!), e la vendita
del patrimonio non ridusse il debito. Si potrebbe obiettare che le Scip furono
inefficienti perché pubbliche. Ma se l’utile, cioè la differenza rispetto alla
stima iniziale dell’immobile, a fronte della quale la società di
cartolarizzazione emette obbligazioni, e quanto poi effettivamente si lucra
dalla vendita, andasse in tasca a un privato, incentivato a vendere, che
beneficio collettivo avremmo a vendere il nostro patrimonio? Non a caso, le
società di cartolarizzazione si assicurano sempre contrattualmente un utile
indipendentemente da come andranno le vendite. Il problema, infatti, è insito
nella deflazione del debito che si genera attraverso l’impegno a dover vendere
“tutto il patrimonio per pagare il debito”, noto in economia come paradosso
Fisher. Se tanti soggetti contemporaneamente si trovano nelle condizioni di
dover ripagare un debito e vendono le loro case per rimborsare un mutuo, i
prezzi delle case crollano, a detrimento anche degli altri proprietari che
vedono disintegrarsi il valore dei propri asset e sono spinti verso altre
vendite forzate. La deflazione generalizzata dei prezzi fa si che il valore
reale del debito aumenti, anche se il suo valore nominale diminuisce. La
soluzione, allora, è la messa a reddito di gran parte del patrimonio, non la
vendita generalizzata. In tema di riduzione dei fitti passivi, il Comune di
Napoli, nel 2012, ha risparmiato circa 6 milioni di euro, mentre i 100 milioni
di euro incassati dalle dismissioni hanno dimostrato il netto cambio di passo
rispetto al passato. Inoltre, sul fronte della ricognizione delle cifre utilizzabili
nel piano di rientro dal debito, il Comune, da una prima stima di un miliardo
di euro di patrimonio stimato, è passato a 730 milioni, proprio in via
cautelativa. Certo, esiste una pressione verso la vendita del patrimonio,
indipendente da Lettieri e utilizzata ampiamente nei piani di rientro dei
Comuni: m questi anni, privatizzazioni e vendita di asset pubblici hanno creato
rendite private, allargato il gap Nord-Sud, aumentato il debito pubblico e
abbattuto il Pii. Sarebbe, forse, giunto il momento di rilanciare una vera
riflessione critica che, al buon senso comune, sostituisca l’analisi ragionata
dei dati, per migliorare Napoli.
Alessio Postiglione
Fonte : la Repubblica
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