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domenica 20 gennaio 2013

Un articolo di Castells tradotto da Giovanni Cutolo


IL PARTITO DEL FUTURO

Manuel Castells*

Lo scorso 8 di Gennaio è stato annunciato su Internet la costituzione del “partito del futuro”, un metodo sperimentale per costruire una democracia senza intermediari, allo scopo di sostituire le attuali istituzioni oramai deleggittimate nella mente dei cittadini. La ripercussione popolare e mediatica è stata considerevole. Nel primo giorno, malgrado il collasso del server a causa dell’arrivo di 600 richieste al secondo, si sono registrati 13.000 contatti in Twitter, 7.000 in Facebook e oltre a 100.000 visite in You Tube. I Media spagnoli e stranieri hanno dato risalto a questa conferenza stampa dal futuro che annuncia il trionfo elettorale del suo programma: democrazia e basta. (http://partidodelfuturo.net)

Segno eplicito che non è possibile ignorare quello che emerge dal 15-M, il movimento degli “indignati” spagnoli. Il partito del futuro nasce dal brodo di coltura creato dal movimento, anche se non potrà mai coincidere con esso. Perché "il movimento" non possiede una struttura organizzattiva e non ha rappresentanti, essendo fatto da persone in movimento. Persone che concordano sulla denuncia fondamentale delle forme di rappresentanza política, responsabili di aver abbandonato la gente inerme dinnanzi agli effetti di una crisi che tutti patiscono ogni giorno pur non essendone responsabili. Il 15-M è una pratica collettiva e mutevole, che vive nella rete e nelle strade, i cui  componenti prendono iniziative di ogni genere, dalla difesa contro lo scandalo delle ipoteche, alla proposta di una legge elettorale che democraticizzi la política.

A tutt’oggi però molte di queste iniziative sembrano essere finite in un vicolo cieco. Da un lato i sondaggi dicono che una grande maggioranza di cittadini (qualcosa come il 70%) concordano con le critiche del15-M e condividono molte delle sue proposte. D’altro lato tutta questa grande mobilitazione non riesce a tradursi in misure concrete a favore della gente perché esiste un blocco istituzionale contrario all’adozione di tali proposte. Nella conduzione della crisi, i due grandi partiti spagnoli sono corresponsabili della sottomissione della política ai poteri finanziari, avendo entrambi avallato, per esempio, l’irresponsabile condotta dei vertici del Banco de España (governatore socialista) nel caso di Bankia e del sistema delle Casse di Risparmio, la qual cosa ha condotto alla rovina migliaia di famiglie. Da allora il 15-M ha incominciato a occupare gli spazi pubblici con i suoi campeggi e le sue manifestazioni, con le riunioni di quartiere  e con specifiche azioni di denuncia, Ma, per quanto queste azioni siano essenzialii per per risvegliare le coscienze, esse si esauriscono e si perdono di fronte alla sempre piú violenta repressione poliziesca.
Fortunatamente il 15-M ha saputo tenere a freno ogni impulso di protesta violenta, assumendo invece il ruolo di canalizzatora pacifico della rabbia popolare. Il dilema adesso è come superare le barriere attuali senza cessare di essere un movimento spontaneo, auto-organizzato, con molteplici iniziative che non sono pre-programmate e che per questo possono raccogliere potenzialmente il 99% di coloro che sanno quello che non vogliono, vale a dire quello che c’è, e che sono d’accordo sul fatto che è necessario ricercare insieme nuove strade politiche per la gestione della vita di tutti.
Per avanzare in questa direzione, è nata l’iniziaiva spontanea volta all’occupazione dell’unico spazio nel quale il movimento non era presente: le istituzioni. Però non immediatamente, dato che il progetto non è quello di divenire una minoranza parlamentare, quanto piuttosto quello di cambiare il modo stesso di fare política, aprendo le porte a quella democrazia diretta che internet rende oggi possibile. Proponendo referendum su temi chiave, co-elaborando proposte legislative maturate attraverso inchieste e dibattiti negli spazi pubblici, urbani e cibernetici, proponendo misure concrete da dibattere tra i cittadini e servendo contemporaneamente da piattaforma per proposte proveniente dalla gente.

In effetti il partito del futuro non è un partito, anche se è iscritto al registro de partiti; si tratta piuttosto di un esperimento político in progress che intende ri-inventarsi mentre va avanti. Si intravede all’orizzonte un momento in cui l’appoggio della cittadinanza a votare contemporaneamente contro tutti i politici e in favore invece di una piattaforma elettorale con questo solo e unico punto nel programma (Democrazia e basta.), possa consentire l’occupazione legale del Parlamento e lo smantellamento dall’interno del sistema tradizionale di rappresentanza. Non è poi qualcosa di cosí strampalato. Si tratta in grande misura di quello che è già successo in Islanda, referente esplicito del partito che ci parla dal futuro. 


Cosa fare per evitare di riprodurre il sistema del partito nel processo di conquista della maggioranza elettorale? Su questo punto le persone che hanno assunto questa iniziativa hanno preso la decisione, criticata dalla classe politica e da una parte dei media, di rimanere nell’anonimato. Se non ci sono nomi non ci sono capi, non ci sono incarichi, nè comitati federali, nè portavoce che dicono di parlare in nome e per conto di tutti mentre poi invece finiscono per rappresentare soltanto se stessi. Se non ci sono volti, quello che rimane sono le idee, le pratiche, le iniziative. Si tratta in effetti della soluzione della maschera come modo per consentire la creazione di un soggetto collettivo  composto da migliaia di individui mascherati, come a suo tempo fecero gli zapatisti o come fa fa oggi Anonymus, con la sua famosa maschera riconoscible da tutti ma portata da individui diversi. È possibile comunque che si arrivi al momento in cui le liste elettorali richiedano nomi, anche allora però non è detto che debbano essere necesariamente quelli dei leaders, si potrebbero invece sorteggiare i nomi fra le migliaia di persone d’accordo con una predeterminata piattaforma programmatica. In fondo si tratta di mettere in primo piano la política delle idee con le quali si riempiono la bocca i politici mentre si costruiscono la loro propria carriera. La personalizzazione della política è, da che tempo è tempo, la ferita maggiore che si possa inferire in qualsivoglia  leadership che si pretenda democrática. La personalizzazione è la base della demagogia, della dittatura del capo e della política dello scandalo, basata sulla distruzione delle persone rappresentative. La X del partito del futuro non serve per nascondersi ma per consentire che il il suo spazio venga occupato dalle persone che in questo esperimento proiettano il loro sogno personale di un sogno collettivo: democrazia e basta.
Da mettere a punto insieme.
  
*Manuel Castells (1942) è un sociólogo spagnolo naturalizzato USA. Dopo gli studi a Barcellona e a Parigi, ha iniziato la carriera accademica. Dal 1079 al 2003 ha insegnato alla University of California a Berkeley. Oggi insegna Comunicazione all’Annenberg Center presso l’University of Southern California (USC).

Fonte : Questo articolo, tradotto da Giovanni Cutolo, è apparso sul quotidiano LA VANGUARDIA di Barcellona il 19 Gennaio 2013.



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