mercoledì 26 agosto 2015
Le differenze| A proposito del "ma poi che ha fatto?"
Napoli
prima di Luigi de Magistris (2011) e oggi (2015) a
via Bracco (centro Napoli). Il resto sono chiacchere da ombrellone !!!
giovedì 20 agosto 2015
Scassare per ricostruire....Luigi de Magistris su il Manifesto...
il Manifesto
Sinistra. Napoli, Atene, Barcellona per sconfiggere il liberismo e distribuire risorse e beni. Quattro anni fa divenni sindaco contro ogni pronostico. La lotta porta lontano, puoi anche perdere ma non ti perdi
Per la costruzione dell’alternativa al liberismo dominante provo a portare la mia umile e dura esperienza di sindaco di Napoli. Se da un lato il capitalismo è entrato in una fase senile, il liberismo che governa il Paese è forte e violento. Il Presidente del Consiglio, il saldatore Renzi, è stato scelto, con cura, per far ripartire il liberismo durante la crisi economica. Con quali armi? Le solite: propaganda travestita da abile comunicazione, vendita di armi negli scenari di guerra, concentrazione del potere. L’elenco è lungo.
Privatizzazioni selvagge, commissariamenti e poteri speciali, opere pubbliche faraoniche, via libera a cementificazioni, distruzioni del territorio con trivellazioni ed inceneritori, strangolamento delle autonomie, neutralizzazioni dei punti di dissenso, smantellamento dei diritti, distruzione della scuola pubblica, svuotamento della Costituzione con prassi, atti amministrativi e leggi ordinarie, patti di stabilità, spending review a danno dei deboli, fiscal compact. Insomma un figlio della troika, un saldatore di centri di potere che vanno dal centro sinistra al centro destra.
L’alternativa si deve costruire con mezzi e metodi diversi dal passato. I partiti, alternativi al Sistema, anche se ne verranno di nuovi, vi saranno ristrutturazioni ed altro, sono utili ma da soli non determinanti per la rottura del liberismo e la nascita di un nuovo corso politico, economico, sociale e culturale. Se non avessi avuto i partiti della sinistra in Consiglio Comunale il mio mandato — quasi al termine — sarebbe potuto cessare. Mettere insieme la sinistra, caricarla di energie, mutandola anche di rappresentatività, è operazione utile, finanche necessaria, ma non sufficiente per scassare e costruire. Quello che oggi serve è dare forza a ciò che accade nelle nostre comunità, accorgersi che ci sono realtà divenute protagoniste del cambiamento.
Da sindaco ho scelto di non entrare in conflitto con le autonomie sul territorio, le ho rispettate, apprezzate ed anche quando c’era dissenso mai è venuto meno il dialogo. Autonomie plurime, non condizionabili a vicenda. Nei luoghi del confronto abbiamo costruito prassi, sostanza politica ed ora anche forme del cambiamento politico. Dai luoghi della rappresentanza istituzionale l’obiettivo è stato quello di dare voce a chi non ha voce, diffondere il potere. Realizzazioni di agorà di prossimità.
A Napoli è in corso da quattro anni un progressivo processo di liberazione. Tantissimi abitanti della nostra città stanno liberando spazi abbandonati, di proprietà pubblica o privata. Res derelictae e Res nullius divengono beni comuni, usufruibili da tutti. Sono migliaia e migliaia le persone coinvolte: discariche divenute orti, ex manicomi divenuti luoghi in cui la mente si libera e non si arresta, sedi in cui la cultura arretrava oggi vi sono laboratori culturali in cui si pratica la globalizzazione dei diritti e delle persone, palazzi diroccati ristrutturati con rispetto ed amore. Le occupazioni delle nostre vite realizzate dalle politiche liberiste vengono contrastate con le nostre politiche di liberazione. Loro occupano, noi liberiamo.
Di fronte al Sistema, la liberazione delle energie, la ricerca di un equilibrio tra anarchia e regole, tra ribellione ed istituzioni, è stato un lavoro importante. Ora si deve provare a costruire, sempre dal basso, con queste individualità e questi movimenti, con queste esperienze che mettono insieme studenti, precari, disoccupati, centri sociali, intellettuali non servi, borghesia illuminata, professionisti, immigrati, contadini, proletari e sottoproletariato. Insomma popolo, gente semplice, colta, onesta e determinata, coraggiosa, persone non addormentate dalla propaganda del pensiero unico e del tanto non cambia mai nulla. Un popolo che ha anche una visione politica attenzione.
A Napoli, “Acqua bene comune”, no licenziamenti che la troika italiana del liberismo ci vorrebbe imporre, sostegno all’economia sana, scuola comunale rafforzata, sì a servizi essenziali pubblici, no a privatizzazioni di beni e servizi pubblici, no a respingimenti, no a mura di indifferenza, si a solidarietà e ponti di pace. Napoli vuole consolidare la costruzione di un percorso politico autonomo e nuovo. Quattro anni fa divenni sindaco contro ogni pronostico, con una lista civica a sostegno, girando int’e viche miezo all’ate, strada per strada, quartiere per quartiere, sindaco di strada.
Bisogna costruire un movimento popolare capace di mettere insieme progetto politico duraturo ed alleanze elettorali. Napoli, Grecia, Barcellona. Sconfiggere l’austerità dei liberisti, distribuire risorse e beni. Meno disuguaglianze, più giustizia. Meno legalità formale delle mafie istituzionalizzate, più giustizia sociale. Dalle autonomie, con le differenze, costruire da strada l’alternativa al liberismo. Beni comuni, economia dal basso, autoproduzione, autonomie, distribuzione delle ricchezze, diffusione del potere, rivoluzione culturale, città che accolgono e che attraggono.
Dalle comunità verrà la lotta dei più deboli, ma forti d’animo. La lotta porta lontano, oltre gli ostacoli, puoi anche perdere, ma non ti perdi. Con la passione, il coraggio e l’amore si possono sconfiggere: hanno tanta paura del cambiamento che avanza.
Luigi de Magistris
sabato 15 agosto 2015
Andrea Balìa : Mia lettera a Enrico Deaglio su Sud, Svimez, Renzi…
Ecco la mia lettera spedita oggi al giornalista Enrico
Deaglio riguardo al suo articolo in merito pubblicato su ”il Venerdì”(allegato
di ”la Repubblica”) del 13 Agosto 2015 u.s. :
Napoli, 14/08/2015
“Caro Deaglio
La leggo da sempre e stimo
la sua lucidità d’analisi e una trasparente onestà intellettuale. Nel suo ultimo
pezzo su ”il Venerdi” del 13 Agosto dal titolo “ La sentenza per il Sud : non
c’è più nulla da fare. Chiamate il prete” Lei accenna a una riflessione per
cui, come da titolo, al Sud mancherebbe l’estrema unzione, visti i dati
drammatici dello Svimez. Accenna poi con giustezza, alla differente sorte
toccata alla Germania dell’Est risolta in 20 anni dal governo centrale. Infine
dice che si potrebbero addurre motivazioni
alle vicende determinate dai Cavour e Garibaldi, ma poi arriverebbero i
Neoborbonici che non si sa dove ci porterebbero. La tranquillizzo subito : non
sono neoborbonico, ma bensì meridionalista convinto e praticante, potrei parlarLe
della mia partecipazione al “Partito del Sud”, appunto meridionalista,
progressista e gramsciano, sostenitore convinto (non dell’ultim’ora..) del
sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Ma non intendo tediarla. Riguardo alla
Germania, pur chiarendo che la mia predisposizione rispetto ai tedeschi è ben
lontana dalla simpatia, va detto che va dato loro merito d’aver risolto la loro
questione come noi non ci siamo riusciti in più di 150 anni. Basterebbe far
quello per trasformare un’unità più intesa come colonizzazione che
unificazione, altro che programmare estreme unzioni. Lei chiude dicendo che
s’affida a Renzi, alla sua energia e al suo entusiasmo. Al Sud ci sorge più di
qualche dubbio in merito visto le spallucce, le battutine, le retoriche accuse
d’abbondonare il piagnisteo..più retoriche di quanto sia retorico lo stesso
piagnisteo, o le firme non rispettate riguardo al problema Bagnoli. Lei si fida
d’uno che non rispetta manco gli impegni che firma?"
La saluto cordialmente…
Andrea Balìa
venerdì 14 agosto 2015
14 agosto 1861, eccidio nefando dei bersaglieri di Cialdini
Questo libro fu pubblicato, la prima volta, quindici anni fa. È il risultato della riflessione, della dignità e dell'indignazione di un uomo che ha riscoperto, nella sua carne, una ferita antica e mai chiusa: il martirio della sua città, Gaeta, per favorire la nascita dell'Italia unita, rivelatasi matrigna e persino ancora nemica di chi, a quella costruzione storica, ha pagato, per tutti, il prezzo più alto, in risorse e sangue.
Il criminale di guerra Enrico Cialdini, dopo aver massacrato Gaeta con migliaia di bombe, causando la morte di ben 4000 persone tra civili e militari, oltre ad aver rasa al suolo la città tirrenica, indirizzò la sua mania di distruzione verso il Sannio. L'eccidio di Pontelandolfo è stato descritto giorno per giorno dal sottoscritto nel libro " I Savoia e il massacro del Sud", edito dalla Gandmelò nel 1996. Fino ad allora nessuno ne parlava. Lo scorso anno lo Stato ha chiesto scusa alla città sannita. Oggi tutti ne parlano. Abbiamo subito processi, siamo stati vituperati, sbranati dalla ciurma irregimentata al potere costituito. Pontelandolfo è solo un simbolo, ma stragi sono state perpretate in tutta Italia dal regime monarchico sabaudo. Questa repubblica,se vuole diventare civile, deve prima di tutto condannare senza mezzi termini quella monarchia infame. Deve cancellare tutte le leggi e decreti legge di quel periodo, tra i più neri della storia d'Italia. Finchè le istituzioni repubblicane festeggiano coloro i quali hanno commesso crimini contro l'umanità, al Sud come al Nord della penisola, non saremo mai promossi tra le nazioni civili. In Germania non hanno strade intitolate ad Hitler, nè gli ebrei hanno intitolato piazze ai loro carnefici. In Francia il 14 luglio si festeggia la repubblica e non la monarchia. L'unità della Francia fu fatta dalla monarchia. In America il 4 di luglio festeggiano la loro libertà, non quella della monarchia inglese.In Italia, il parlamento padano momentaneamente di stanza a Roma, ha deciso di festeggiare il 17 marzo, data in cui nacque il Regno d'Italia. Uno squallore indicibile.
L'Eccidio di Pontelandolfo e Casalduni
di Antonio Ciano
Era l’alba del 1° agosto dell’anno 1861. A Pontelandolfo si avvertiva nell’aria odore di fermento. I poveri raccolti non bastavano più a pagare le tasse ed i balzelli imposti dalle autorità piemontesi. I contadini avevano assistito increduli alle gesta del generale Garibaldi. Ben presto si erano resi conto che stava dalla parte dei borghesi, dalla parte dei signorotti. Gli eccidi di Bronte, Niscemi e Regalbuto l’avevano detta lunga sulla sua appartenenza di classe a da che parte stava.
I pontelandolfesi erano stanchi delle razzie piemontesi, della guardia mobile, dei loro notabili. Le nuove disposizioni del giugno 1861 circa la coscrizione di leva avevano agitato ancora di più le acque. I giovani preferirono la macchia al nuovo padrone piemontese, preferirono gli stenti, i sacrifici, la morte. Il popolo rimpiangeva i tempi in cui governavano i Borbone e non aspettava altro che il momento in cui la rabbia di un anno di vessazioni sarebbe esplosa.
L’arciprete Don Epifanio De Gregorio assieme ad una moltitudine di attivisti borbonici manteneva i contatti con i contadini, sapeva infondere loro la speranza di un domani migliore in quanto con il prossimo ritorno di Re Francesco si sarebbe ristabilito il vecchio ordine. Finalmente ci si poteva organizzare attorno ai partigiani che stazionavano sui monti e cacciare i liberali dissacratori di chiese e saccheggiatori di beni.
Nonostante il servizio al corpo di guardia fosse stato rinforzato, il giorno 2 agosto, il partigiano Gennaro Rinadi detto Sticco, si presentò al sindaco Melchiorre consegnandogli una missiva su cui c’era scritto che il sergente dei regi Marciano, comandante della brigata partigiana Frà Diavolo, chiedeva al primo cittadino 8.000 ducati, due some di armi e viveri entro 48 ore, altrimenti avrebbe messo a ferro e fuoco le case dei traditori liberali. Tale somma doveva essere consegnata al latore del biglietto.
Chiamato dal sindaco, il 3 agosto giunse in paese il colonnello della Guardia Nazionale De Marco a capo di una colonna di 200 mercenari. Una cinquantina di guardie chiusero l’entrata della piazza mentre gli altri cominciarono a razziare le case dei pontelandolfesi. Ma era rimasto ben poco da rubare, la gente era affamata. Venne saccheggiata anche la chiesa di San Rocco dove De Marco e i suoi mercenari avevano preso alloggio.
Durante la notte tra il 4 ed il 5 agosto le montagne che cingevano Pontelandolfo brulicavano di partigiani: i fuochi accesi erano tantissimi e davano coraggio alla popolazione, scoramento e paura ai liberali.
Il colonnello garibaldino De Marco inquieto diede ordine alla sua colonna di prepararsi ad abbandonare il paese.
Il 6 agosto emissari di Don Epifanio raggiunsero al galoppo l’accampamento di Cosimo Giordano per invitare i partigiani regi in chiesa a ringraziare il Signore.
La brigata Frà Diavolo composta da circa trenta partigiani, dopo l’azione di guerriglia di San Lupo si diresse verso Pontelandolfo. Il paese era in festa per la fiera di San Donato in pieno svolgimento. Tutti aspettavano con impazienza l’arrivo dei loro eroi, l’arrivo dei partigiani regi comandati da CosimoGiordano che stava combattendo la guerra santa contro gli infedeli piemontesi.
Il 7 agosto mentre il campanile rintoccava la quinta ora pomeridiana, la brigata d’eroi giunse in paese tra ali di folla in festa. L’arciprete Don Epifanio de Gregorio cominciò a lodare il signore con il Te Deum per ringraziare Francesco II. I guerriglieri, seguiti da oltre tremila popolani, si diressero verso il Corpo di Guardia, disarmarono i pochi ufficiali rimasti e lo devastarono. I quadri di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi furono ridotti in mille pezzi, le suppellettili furono messe sottosopra. La bandiera tricolore fu staccata e dal panno bianco si strappò lo stemma sabaudo. Il popolo eccitato, come ubriacato dall’avvenuta libertà, urlava, gridava la propria gioia.
Angelo Tedeschi da San Lupo, ritenuto essere la spia dei piemontesi, fu scovato rannicchiato nella sua stalla, sotto il fieno, e freddato con un colpo di fucile da Saverio Di Rubbo. Nella bolgia, un colpo vagante colpì, ferendolo, Pellegrino Patrocco, eremita di Sassinoro, ed un altro colpì in casa sua, uccidendolo, Agostino Vitale. L’esattore Michelangelo Perugini, liberal massone e reo di aver spremuto e ricattato i contadini, fu ammazzato e la sua casa bruciata. Il popolo poteva sfogare la propria rabbia repressa da un anno di sudditanza totale, di dittatura, di terrore, di ruberie, di violenze subite e mal celate. Cosimo Giordano ed il suo vice, seguiti dal popolo, si diressero verso la casa Comunale, ove distrussero i registri dei nati per evitare la chiamata alle armi dei giovani di Pontelandolfo in caso che i piemontesi avessero rimesso i piedi nel paese. La bandiera tricolore fu bruciata sul balcone e al suo posto venne issata quella borbonica. I prigionieri furono liberati dal carcere. Venne istituito un governo provvisorio. Pontelandolfo, dunque, era diventata il centro della reazione borbonica nel Sannio. Guerriglieri dei paesi limitrofi, specialmente quelli di Casalduni e di Campolattaro, erano venuti ad ingrossare la banda di Giordano per tenere alto l’onore del Regno delle Due Sicilie e di Francesco II.
Il 9 agosto, trenta partigiani furono scelti per attaccare la carrozza postale che ogni giorno passava per la provinciale, portando qualche passeggero e i soldi che servivano alle spese della truppa e degli impiegati piemontesi. Soldi e balzelli che il governo di Torino esigeva dalle popolazioni, che dovevano persino pagare la famosa tassa di guerra. Non vi fu alcuna azione cruenta, a tutti i passeggeri furono rubati solo i soldi ed i loro preziosi. Intanto Cosimo Giordano fece fucilare Libero D’Occhio dopo un processo sommario che lo riconobbe spia dei piemontesi e traditore della patria.
La bandiera gigliata sventolava sui pennoni più alti. Con i soldi sequestrati dai partigiani furono sfamate le famiglie che più avevano bisogno. Al Comune si distribuiva il pane, i muri delle case erano tappezzati di manifesti inneggianti alla rivolta contro i piemontesi e le strade piene di volontari. I manifesti affissi durante la notte dai partigiani della banda Giordano riportavano il proclama del Comandante in CapoChiavone che operava tra la Ciociaria e gli Ausoni.
Su ordine del Generale Cialdini il 13 agosto partì da Benevento una colonna di bersaglieri, tutti tiratori scelti, comandata dal Generale Maurizio De Sonnaz, detto Requiescant per le fucilazioni facili da lui ordinate e per il massacro di parecchi preti e l’attacco ad abbazie e chiese. Il generale piemontese era a capo di novecento bersaglieri assassini e criminali di guerra. Il colonnello Negri procedeva a cavallo, con al suo fianco il garibaldino del luogo de Marco e due liberali pure del posto a far da guida ai cinquecento bersaglieri, che costituivano la colonna infame che stava dirigendosi verso Pontelandolfo. Un’altra colonna di quattrocento bersaglieri si stava portando verso Casalduni.
Era l’alba del 14 agosto. Gli ordini di Cialdini erano precisi: Pontelandolfo doveva pagare con la morte la sfida fatta al potente Piemonte.
La banda di Cosimo Giordano bivaccava a circa un chilometro dal paese, nella selva, tra i monti presso la località Marziello. I partigiani avvertiti dai pastori, s’erano appostati per tendere un agguato ai piemontesi, ma erano solo cinquanta. Una scarica di pallottole colse di sorpresa i bersaglieri. Tutti scesero da cavallo, qualcuno cadde morto, altri furono feriti, altri ancora risposero al fuoco, ma era ancora buio e la selva copriva le ombre dei partigiani borbonici, i quali continuavano a sparare sul mucchio, alla cieca, non potendo mirare giusto data l’ora mattutina. La sparatoria durò pochi minuti, ma fu feroce e ravvicinata. Gli uomini di Giordano, avvantaggiati dall’effetto sorpresa vedendo che i bersaglieri prendevano posizione di combattimento e presagendo una sconfitta, naturale, date le forze in campo, si diedero alla fuga. I bersaglieri contarono venticinque morti. Il colonnello Negri, anziché inseguire i patrioti di Giordano, diede ordine al plotone di comporre le salme dei caduti e di proseguire la marcia verso Pontelandolfo. L’esercito piemontese circondò il paese, fucile alla mano, pronto a far fuoco. Un plotone, con il De Marco e due liberali, entrò nella città ad indicare le case dei settari massoni da salvare. Portata a termine l’operazione salvataggio dei settari, che non superavano la decina, i bersaglieri si gettarono a capofitto nei vicoli e nelle strade di Pontelandolfo. Erano le quattro del mattino quando ebbe inizio l’eccidio. Le case furono incendiate. Gli abitanti, armati di roncole e forche, tentarono una sterile difesa, ma i fucili dei piemontesi ebbero inesorabilmente la meglio su di loro. Alcuni vennero stesi nella propria abitazione, altri dormienti nel proprio letto, altri mentre fuggivano. Qualcuno riusciva ad oltrepassare la porta di casa ma veniva abbattuto sull’uscio senza pietà. Grida, urla, gemiti dei feriti, pianti dei bambini. Pontelandolfo fu messa a ferro e fuoco. Tutto il paese bruciava. Nicola Biondi, contadino sessantenne, fu legato ad un palo della stalla da dieci bersaglieri, i quali denudarono la figlia Concettina, di sedici anni, e tentarono di violentarla. Ma la ragazza difese strenuamente l’onore. Dopo un’aspra colluttazione, sanguinante cadde a terra esanime. Una scarica micidiale di pallottole abbatté il padre Nicola. Decine e decine erano i cadaveri disseminati nei vicoli, nelle strade, nelle piazze. Alle ore sei metà paese era in fiamme, mentre i bersaglieri continuavano la mattanza. Ancora uccisioni, stupri, fucilate, grida, urla. I vecchi venivano fucilati subito e così i bambini che ancora dormivano nei loro letti. Dopo aver ammazzato i proprietari delle abitazioni, le saccheggiavano: oro, argento, catenine, bracciali, orecchini, oggetti di valore, orologi, pentole e piatti. Il sangue scorreva a fiumi per le strade di Pontelandolfo. Prima ad essere saccheggiata fu la chiesa di San Donato, ricca di ori, di argenti, di bronzi lavorati, di voti, persino le statue dei santi furono trafugate. Il saccheggio e l’eccidio durarono l’intera giornata del 14 agosto 1861. Donne seminude, sorprese mentre dormivano, cercavano scampo fuggendo; ma, se vecchie, venivano subito infilzate, se giovani ed avvenenti, venivano violentate e poi uccise. I morti venivano accatastati l’uno sull’altro. Chi non riusciva a morire subito doveva anche sopportare la tortura del fuoco, che veniva appiccato sopra i cadaveri con legna secca e fascine fatte portare lì da giovani sotto la minaccia delle baionette.
Dopo ore di stragi, di eccidi, di massacri, di ruberie, il generale De Sonnaz* fece suonare l’adunata ed il ritiro della colonna infame. Al suono del trombettiere tutti si ritirarono. Inquadrati sull’attenti al cospetto del generale De Sonnaz e del colonnello Negri, si diressero verso Benevento, ove il giorno dopo, nei loro alloggiamenti, mercanteggiarono tutto il bottino sacro profanato. Il laconico messaggio del colonello Negri, di passaggio da Fragneto Monforte, recitava:
Truppa Italiana Colonna Mobile – Fragneto Monforte lì 14 Agosto 1861 ore 7 a.m. Oggetto: Operazione contro i Briganti: Ieri mattina all’alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora. Il sergente del 36° Reggimento, il solo salvo dei 40, è con noi. Divido oggi le mie truppe in due colonne mobili; l’una da me diretta agirà nella parte Nord ed Est, l’altra sotto gli ordini del maggiore Gorini all’Ovest a Sud di questa Provincia la quale pure, come più prossima a Benevento, dovrà tenere frequenti comunicazioni colla S.V. Informi di ciò il Generale Cialdini ed il Generale Pinelli. Il Luogotenente Colonnello Comandante la Colonna; firmato Negri.
Al Sig.Governatore della provincia di Benevento p.s. Stasera sono a Fragneto l’Abate, ove, occorrendo può farmi tenere sue nuove fino alle nove di notte.
Per copia conforme
L’ennesimo truculento eccidio era stato portato a compimento con forsennata ferocia e senza pietà alcuna verso una popolazione inerme, fiera del suo Re Borbone, fiera della sua dignità, fiera della sua libertà, fiera della sua storia ultrasecolare, fiera di essere italiana, fiera della sua religione.
domenica 9 agosto 2015
CRESCE SEMPRE DI PIU' LA COMMUNITY DEL PARTITO DEL SUD ! 19.000 A DIFESA DEL SUD !
Cresce sempre più la Community che quotidianamente segue il Partito del Sud anche su facebook, oggi siamo arrivati a 19.000 fan !
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Continuate a seguirci e non ve ne pentirete; quotidianamente posteremo oltre alle notizie dell'attività del nostro Partito, approfondimenti politici ma anche curiosità, notizie sulla cultura e sulla vera storia del Sud come non avete mai avuto modo di sentire.
Grazie a tutti per il sostegno ed il supporto.
Staff Amministratori
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giovedì 6 agosto 2015
6 Agosto...PIETRARSA...una data e un luogo da non dimenticare!
COMUNICATO
6 Agosto 2015
PIETRARSA NEL CUORE DEL SUD
Il PARTITO DEL SUD invita al ricordo in omaggio alla memoria degli operai (ufficialmente 4, ma probabilmente circa una decina) fucilati a Pietrarsa , vicino Napoli, fuori la gloriosa fabbrica di locomotive vanto dell’ex Regno delle Due Sicilie e leader in Europa. La fabbrica fu smantellata per favorire la crescita dell’Ansaldo di Genova. L’opera iniziò riducendo le maestranze, inasprendo l’orario lavorativo e tagliando parte della retribuzione. Vi fu la prima rivolta operaia d’Italia, repressa il 6 Agosto 1863 con la fucilazione di alcuni operai, prime vittime dell’industria del neonato Regno d’Italia.
Il PARTITO DEL SUD, come da comunicato del 13 Giugno 2013 u.s., a fronte della nomina, come delegato del Sindaco di Napoli Luigi de Magistris, di Andrea Balìa nella Commissione Toponomastica del Comune di Napoli per nomina diretta, ha ottenuto l’ importante risultato nella prima seduta del 12 Giugno 2013 su relative proposte dello stesso partito :
- la titolazione di strada ai “Martiri di Pietrarsa”.
La strada, in zona Pietrarsa, dopo studi di ricerca del tecnico incaricato del Comune in commissione dott. Sirigatti, è stata individuata ma attualmente soggetta a lavori. Terminati i quali verrà calendarizzata la cerimonia di titolazione con ufficializzazione relativa targa.
Il PARTITO DEL SUD ritiene che il pensiero di tale triste evento debba essere ben presente nella memoria d’ogni meridionale e vada omaggiato in modo concreto come da nostro impegno ad ottenere la titolazione d’una strada che renda costante e tangibile il segno dell’omaggio in memoria del sacrificio dei nostri fratelli.
PARTITO DEL SUD
martedì 4 agosto 2015
Su indicazione del Sindaco la Comm. Toponomastica concorda e delibera...
anche questa è fatta...
da IlMattino.it di Lunedì 03 Agosto 2015
Il Comune intitola una strada a Pino Daniele e le scale di «Scusate il ritardo» a Massimo Troisi

A Massimo Troisi saranno intitolate le scale che si trovano tra Via Francesco Crispi e Piazza Roffredo Beneventano, molto note agli appassionati dei film di Troisi. Proprio su quelle scale, infatti fu girata una delle scene più note ed esilaranti di «Scusate il ritardo», con Massimo recitava Lello Arena.
Sarà intitolata, invece alla memoria di Pino Daniele l'area di circolazione che ricade nel quartiere San Giuseppe e che attualmente è individuata in Vicoletto Donnalbina, a pochi passi dalla casa natale del grande artista napoletano.
domenica 2 agosto 2015
Tutti a parlare di Sud, adesso, non sia però tentativo di annullare la discussione
Quando lo scorso febbraio decidemmo, senza troppe difficoltà per la verità, di sostenere Michele Emiliano alla presidenza della Regione Puglia sapevamo che la sua elezione sarebbe stata un cambio di passo per tutta la discussione sul sud. Si sarebbe passati infatti dalle sempre più flebili citazioni del mezzogiorno nei programmi politici, ad una serie e concreta proposizione delle questioni in campo sui tavoli istituzionali.
Il 12 febbraio consegnammo a Michele Emiliano alcune nostre richieste e proposte, richieste che furono accolte con entusiasmo.
Sapevamo che quelle proposte con Michele Emiliano da semplici idee si sarebbero trasformate in atti concreti.
Il coordinamento di 6 regioni sulla questione trivelle è un “fatto” concreto che si è realizzato in queste settimane, la puntualizzazione sui trasferimenti di fondi tra nord e sud è un fatto di questi giorni, la fortissima presa di posizione (con il famoso “scateneremo l’inferno”) del Presidente Emiliano sui dati SVIMEZ è fatto concreto di questi giorni, il non possibile baratto tra salute e lavoro sul caso ILVA è un fatto, la forte richiesta di investimenti su trasporti e sanità è un fatto.
D’incanto tutte le forze politiche si sono messe a parlare di sud. Addirittura il PD con Matteo Renzi, dopo l’appello di Saviano, ha convocato una direzione nazionale sul mezzogiorno per il 7 agosto. Notiamo però che i due argomenti posti come principali sono: ILVA e Bagnoli che, pur essendo grandi temi dove salute e lavoro pare siano in concorrenza, oppure dove pare (Bagnoli) si voglia sottrarre al Comune competenze, non per garantire trasparenza, ma per garantire altro, non sono certo il nodo centrale della questione meridionale… Dicevamo che questa impostazione della discussione sia come minimo fuorviante visto che non si pone minimamente il problema di affrontare problemi atavici: come la mancanza di investimenti “seri” in infrastrutture a sud, come la capacità di uno stato di fornire ai suoi cittadini e territori le stesse opportunità, come a parità di popolazione si trasferiscano fondi profondamente diversi in sanità da nord a sud, come di fondi FAS destinati a sud si sia fatta carne da macello per favorire altre aree del Paese. Oppure di altri problemi concreti di tutti giorni fatti da azioni di Governo che da decenni tolgono al sud per dare al nord sotto le forme più diverse e più o meno subdole.
Se il problema sud si vuole risolvere con Ilva e Bagnoli, ancora una volta si fa finta di parlare di Sud per risolvere problemi di aziende e potentati residenti altrove, Se ancora una volta si vorrà far credere che con ILVA e Bagnoli la questione meridionale sia archiviata allora veramente ci troveremmo di fronte a una visione politica cieca e allo stesso tempo quasi offensiva verso il sud. Verso un sud che vede ormai la linea adriatica di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) come una linea “secondaria”, una linea che vede (solo per citarne un esempio) il binario unico ancora presente tra Termoli e San Severo (altro che alta velocità), collegamenti inesistenti con Matera, una Calabria abbandonata a sé stessa e una Sicilia isolata con l’abolizione dei treni che passano lo stretto.
La questione meridionale (ammesso che sia bello chiamarla così) si affronta seriamente solo se c’è un Paese, l’Italia, che decide di investire pesantissimamente su quest’area di oltre 20 milioni di abitanti e si coinvolgerà quest’area nel disegno del proprio destino. Altrimenti la direzione PD potrebbe trasformarsi in un ennesimo teatrino inconcludente e inutile, utile al massimo a tacitare chi accusa il premier di non aver mai pronunciato la parola “sud”. Ecco dopo quella direzione l’accusa cadrà e tutti saranno felici e contenti.
Un plauso a Michele Emiliano e ai Parlamentari pugliesi del PD che hanno chiesto un cambio di passo, speriamo ci riescano ad ottenerlo.
Intanto chiediamo al Presidente Emiliano di continuare nell’azione di Coordinamento tra Regioni e di allargarla anche ad altri settori cruciali per il Sud, come appunto, trasporti, università, investimenti infrastrutturali. Il tempo degli annunci è finito.

Stendiamo un velo pietoso, però, anche su chi, come Forza Italia e altri partiti di opposizione, che oggi si permettono di criticare il Governo sulla sua inattività verso il sud.Diciamo che da quel pulpito dovrebbe venire solo vergogna per lo spazio concesso alla Lega e alle sue politiche in passato come oggi.
Il Sud, i suoi cittadini, però, non possono, non possiamo restare a guardare, diamoci da fare e diventiamo protagonisti del nostro destino non consentendo più a commentatori e opinionisti da strapazzo di dare pagelle e giudizi a una terra e a genti di cui non conoscono nulla se non attraverso i loro atavici pregiudizi.
La strada è giusta, ma non facciamoci fermare da qualche citazione generica. Fatti concreti, adesso, solo fatti concreti.
Michele Dell’Edera
Coordinatore Regionale del Partito del Sud di Puglia
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