Il Partito del Sud è lieto d'annunciare l'ingresso nella propria famiglia, come Socio Sostenitore nella sezione Guido Dorso di Napoli, d'un personaggio dall'alto profilo morale e professionale : il prof. Vincenzo Caratozzolo, già incaricato in ruoli d'alto prestigio in campo nazionale e internazionale e attualmente docente universitario e componente anch'egli (oltre Andrea Balìa) su nomina diretta del Sindaco Luigi de Magistris della Commissione Toponomastica del Comune di Napoli, che annovera così due rappresentanti del Partito del Sud.
segue profilo e riflessione politica del prof. Caratozzolo
Vincenzo Caratozzolo
Nasce a Genova l’ 1 ottobre 1940.
Conseguita laurea in discipline economico-giuridiche , lavora in aziende di trasporto aereo con incarichi in molteplici settori professionali.
La lunga attività dirigenziale svolta a tutela di interessi legittimi di settore si è prevalentemente sostanziata nel coordinamento di attività legali , di relazioni pubbliche ed istituzionali con incarichi presso Governo , Commissioni Parlamentari , Comunità Europea ed Onu.
INCARICHI AD PERSONAM.
Membro della cd. commissione Sangalli , quale esperto in rappresentanza dei vettori aerei nazionali.
Vice-presidente Assoclearance per assegnazione “slots“ ai vettori aerei operanti sul territorio nazionale.
Consigliere di amministrazione e direttore amministrativo di aziende di trasporto aereo.
Componente Commissione Confindustria “Ambiente e sviluppo compatibile “ ; componente comitato consultivo “Operatori ed Utenti “ in rappresentanza delle compagnie aeree nazionali – costituito presso Enac -; componente gruppo di studi Federtrasporti ed enti vari.
Formulazione studi su provvedimenti legislativi ,in fase referendaria, e conseguenti audizioni in Commissioni Parlamentari e sedi governative nonché CIPE, Enac ed organismi consultivi.
ONORIFICENZE ED INTERESSI CULTURALI
Docente in seminari integrativi dei corsi di economia dei trasporti presso varie Università nazionali e docente in master post-universitari.
Cavaliere della Repubblica.
Accademico Tiberino per meriti culturali e professionali e membro del Consiglio Direttivo dell’Accademia.
Iscrizione all’albo dei “Comunicatori”.
Presidente o componente di commissioni per conferimento premi letterari , attento cultore della storia del Meridione e componente della Commissione Toponomastica di Napoli.
Pubblicazioni varie
“La politica, il lavoro e la questione meridionale “
di Vincenzo Caratozzolo
L’ideologia
dominante che connota le politiche economiche dei paesi industrializzati è il
capitalismo. La libera iniziativa , ormai affrancata da ogni vincolo sociale e
normativo , è esclusivamente impegnata nella ricerca di ogni opportunità di
profitto in qualsiasi regione del pianeta .Necessita dunque valutare se il potenziamento del ruolo del mercato ,
se l’omologazione acritica della logica del profitto costituiscano il vero supporto per la
crescita economica . Bisogna comprendere quali siano le conseguenze
socio-economiche dello smantellamento dei diritti dei lavoratori per
raggiungere illusori obiettivi di miglioramento delle capacità competitive del
mercato nazionale .La realtà è che , a fronte di questi “contributi “ normativi , oggi oltre il
50% dei lavoratori attivi si trova in angosciosa situazione di precarietà , la disoccupazione
ha superato il 12% della popolazione attiva
ed il Paese vive una drammatica
crisi economica e sociale senza che l’ineffabile “ casta “ si ponga il
problema della costruzione di un modello
economico e sociale più sostenibile , più equo ,più efficace e più moralmente
credibile .Valutiamo l’aspetto della delocalizzazione: è diffusa opinione che
le imprese decidano di migrare nei paesi dove i salari sono più bassi di quelli
del paese di origine . Ma l’Italia è il
paese , nell’ambito OCSE , che ha dato maggiore accelerazione alle politiche di
deregolamentazione del mercato del lavoro ed oggi i salari medi sono tra i più
bassi in Europa , eppure ben poche imprese straniere pensano ad investire nel
nostro paese e la disoccupazione ha raggiunto livelli socialmente
insopportabili . Ciononostante , vaste correnti di pensiero affermano la piena
sovranità della grande impresa con capacità
di intervento sulle scelte di politica economica ed , in particolare ,di
politica del lavoro ; affermano altresì che gli assetti ereditati dal ‘900 sono
superati e la legislazione deve promuovere la competizione delle imprese
nell’economia globale . Ma è proprio
vero che il nuovo è meglio di ciò che lo ha preceduto ? La Banca mondiale attesta che nel periodo
1995 /2009 la qualità delle istituzioni
italiane (in una scala da 0% a 100% ) va declassata dall’80% al 55% mentre in Germania la di gran lunga superiore
qualità delle istituzioni ha consentito il mantenimento ed incremento
dell’occupazione e la tenuta degli investimenti . La paralizzante ,inadeguata
ed a volte eccessiva regolamentazione , l’elevato onere burocratico , l’imperante
lercio clientelismo con conseguente assenza
di tutela dei valori meritocratici,
l’inquinamento del tessuto produttivo ed ecologico operato dalla malavita , la
corruzione e concussione , l’evasione fiscale , l’elevata imposizione fiscale
cioè la preoccupante qualità delle
istituzioni del paese ,sono la vera causa
della crisi socio-economica che viviamo. Quali garanzie offre questo
paese all’investitore straniero? Quali
le prospettive di ripresa? Peraltro la diffusione della precarizzazione del rapporto di lavoro
diventa condizione permissiva della
mobilità dei capitali ed i bassi salari contribuiscono sostanzialmente alla caduta della domanda interna
, generando la perfida ed insopportabile spirale che va dalla caduta dei salari
alla contrazione della domanda di beni di consumo alla ulteriore compressione
salariale. Occorre , dunque , riformare
il modello di sviluppo che tenga conto di una migliore equità distributiva e
che provveda alla tutela della dignità della
persona dove la revisione del dettato costituzionale e di quel che resta dello Statuto dei
Lavoratori venga avversata con ogni mezzo democratico . Sotto il profilo etico-morale
e dell’analisi economica , affermare dunque che i residui diritti dei lavoratori non sono più riconoscibili a
favore di non sempre lecita accumulazione dei profitti è proposizione iniqua ed inaccettabile in un
Paese che pretenda definirsi civile.L’alibi
è sempre la depressione; tutti i media affermano che la crisi è grave,ma l’impoverimento
non riguarda i ricchi,le loro multinazionali ,i
paradisi fiscali , i grossi
sistemi finanziari ; colpisce bensi’ il popolo e le persone .Eppure la
“Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo “ impone principi che
pongono “la persona “ all’apice dei
valori sociali .Eppure la costituzione italiana recita testualmente “ La Repubblica riconosce a tutti i cittadini
il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto “ nonché “E’ compito della repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini , impediscono il pieno sviluppo della persona
umana ….” ed ancora “la
libertà dell’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto
con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza , alla libertà
,alla dignità umana …” e conferma “ La legge determina i programmi ed i
controlli opportuni perché l’attività
economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali…” .Eppure la Comunità , nel
Codice di condotta delle imprese europee
, statuisce “….nessuna impresa deve fare profitti
derivanti da vantaggi competitivi che emergano dal mancato rispetto dei diritti
del lavoro e dei requisiti ambientali e sociali….” .Sembra la fiera dei sogni e
cosi’ è stata intesa dal governo del nostro paese che ha compromissoriamente
ignorato i fondamentali del nostro sistema legislativo .Se ci fossimo
soffermati su queste considerazioni , avremmo capito in che direzione stava
girando il mondo economico e finanziario e quanto lo stesso si stava
allontanando dalle regole del diritto e dell’economia etica e dalla realtà sociale , per entrare nel
liberismo anarchico senza regole e senza controllo .
Coloro
che dovevano evitarci tutto questo ,cioè i nostri politici ed i nostri
economisti , invece di allontanare il paese dai rischi gravi che si
prospettavano, ci hanno condotto per mano dove ora purtroppo ci troviamo .In
questo contesto degradato la “Questione Meridionale” diventa ancor più dolorosa
ed insopportabile dove Gramsci osservava che “..la borghesia settentrionale ha
soggiogato l’Italia meridionale e le isole e le ha ridotte a colonie di
sfruttamento ..” ,individuando nel sud solo un enorme mercato di consumo e di
manodopera sottocosto.Ma come la feccia liberal-massonica fu l’artefice dell’aberrante
fenomeno che Antonio Ciano definisce “Il massacro del Sud” così anche , in un
angoscioso amplesso catoblepistico , l’economia del nord è stata stritolata dal
sistema politico massone. Il ricatto ,l’estorsione,la corruzione sono diventati
l’emblema di un sistema economico-politico che priva il paese di dignità e
futuro. Eppure dal 1861 ad oggi il potere centrale ha stabilmente tutelato e
promosso l’ industria del nord ( le grandi concessioni ,gli appalti miliardari
erano e sono appannaggio esclusivo degli industriali settentrionali)
perpetuando la bieca colonizzazione del sud e massacrando i legittimi interessi
delle popolazioni meridionali , cioè confermando con affabulante violenza il
rifiuto di qualsivoglia equità distributiva .
Questo
meridione , oggi arretrato e povero , presentava –prima dell’invasione
barbarica dei massoni – tutti i fermenti della rivoluzione pre-industriale (industrie
tessili e metal meccaniche ,fiorente artigianato,zone franche ecc.),era il
regno più ricco d’Italia , non conosceva il doloroso processo dell’emigrazione
di massa . Non ci sono alibi di sorta
per giustificare il degrado cui è stato condannato , l’annullamento del
glorioso humus storico e culturale (Napoli contendeva a Parigi il primato
culturale in Europa ), lo svuotamento delle ricche casse del Regno per colmare i guai ed i
debiti del piccolo piemonte savoiardo ,lo smantellamento degli impianti
industriali per alimentare la nascente industria del nord (il tutto in nome
dell’unità!). Né è elemento esimente delle gravi responsabilità dello Stato il
consolidamento del ruolo socio-politico, economico ed ambientale della cd. malavita
organizzata , allorquando è storicamente noto che , dal 1861 ai nostri giorni ,
l’omologazione e l’utilizzo di queste organizzazioni criminali da parte della
classe politica ha consentito il
raggiungimento di lerci e beceri obiettivi economici e di conservazione del
potere .
Vincenzo Caratozzolo
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