Partito del Sud - Napoli
lunedì 17 giugno 2013
La relazione di Bruno Pappalardo per il Partito del Sud sui Martiri di Pietrarsa alla Commissione Toponomastica del Comune di Napoli...
Riportiamo, perchè riteniamo il documento degno di nota e come ringraziamento doveroso al nostro Dirigente napoletano Bruno Pappalardo, la sua relazione sui Martiri di Pietrarsa, che è stata a suo tempo consegnata al sindaco di Napoli Luigi de Magistris, e argomento di discussione approvazione per una piazza o strada da nominare nella prima seduta del 12 Giugno 2013 della Commissione Toponomastica del Comune di Napoli....
Alla Commissione Toponomastica cittadina
del Comune di Napoli - Uffici
Palazzo San Giacomo – S E D E
Napoli, 13.05.2013
OGGETTO: richiesta di nuovo toponimo per
iscrizione de’ “ i MARTIRI DI PIETRARSA”
Il PARTITO DEL SUD,
nel pieno rispetto della tutela dell’ attuale storia toponomastica di
Napoli, del suo assetto linguistico dei luoghi crede che bisognerà curare anche
le nuove denominazioni, nel pieno rispetto dell'identità culturale e civile della
città. Esse in passato hanno prodotto quei toponimi tradizionali, quelli
storici formatisi spontaneamente nella tradizione orale e quelli di eventi successivi
afferenti alle vicende della storia della città come dell’Italia.
Talvolta si è mancato di
ricordare il nome e l’evento.
Talvolta si è cancellato il nome
e l’evento.
Talvolta, invece, si è nascosto
il nome e l’evento.
Nell’ipotesi di nuove denominazioni, ossia quelle collimanti alla
logica naturale di un dinamismo storico riformista - e non vacuo revisionismo -
, dunque, proprio riguardanti quei processi storici generanti da un innegabile
documentario, allora, si dovranno onorare i nomi o i fatti di quelle vicende,
in tanti casi tragici, che hanno investito la vita della città e del Paese.
Il Partito del Sud ritiene, tuttavia,di tener da conto tutte quelle
esistenti, purché abbiano ancora mantenuto la virtù del segno del probo agire,
del vero eroismo, del martirio, della legalità e dunque dell’ indubitabile
valore.
Considerando, dunque, che da questo
si sono aggiunte al giudizio storico nuovi elementi, nuove valutazioni,
questi non possono essere separatati dai luoghi in cui si generarono e
avvennero. La città deve diventare un testo, un racconto urbico e umano che ha la necessità di mostrare una nuova
grammatica perché non resti muta. Essa si muove e determina nuovi segni, genesi
di nuove narrazioni, di felici o tragiche scoperte e ritrovati siti
rinvigorendo la memoria della propria storia e cultura umana e insegnandone la
lettura
A tal fine e nella piena consapevolezza di offrire il giusto esempio
che attende solo la legittimità storica e semantica, il Partito del Sud,
CHIEDE
che vengano
celebrati i martiri dimenticati della sua città, quelli di Pietrarsa con l’apposizione di lapide o istallazione
stradale o urbana da definire
I MARTIRI DI PIETRARSA: rappresentazione
dei fatti
Erano le tre del pomeriggio del
6 agosto del 1863.
Sui cancelli dell’opificio di
Pietrarsa, - il primo e il più grande in assoluto in tutta l’Italia, posto proprio
sul confine tra San Giovanni a Teduccio e San Giorgio-Portici -, degli operai
aprono ignari a un gruppo di bersaglieri.
Non potevano sapere, inermi e
sprovveduti, quale sciagura sarebbe accaduta in un baleno da quell’atto.
Erano stati chiamati dal un
tale Zimmermann un fidato dirigente dell’impresa Bozza, che aveva chiesto la
presenza del Delegato della Polizia con un primo soccorso di sei di quelli alla
cancellata.
Nasceva dal timore che la massa
di circa 600 operai, che s’era invelenita e aggruppata proprio nel primo grande
piazzale davanti all’accesso, stavano impegnandosi in cori di protesta. La cosa
aveva allarmato il nuovo proprietario della fabbrica, il signor Jacopo Bozza, “… uomo di dubbia fama, ex impiegato del
Borbone, già proprietario e direttore del giornale
“La Patria” che vendutosi al nuovo governo aveva avuto, in merzede la concessione di Pietrarsa.
Quel pomeriggio era atterrito!
Pare che allontanandosi di corsa inciampasse per ben tre volte. La storia era
diventata insopportabile!
Dei 1050 operai, assunti e
cresciuti durante i 15 anni di attività, ossia dal 1840, giorno in cui Ferdinando II inaugurò l’officina, ebbene nel
1861 s’erano già ridotti a 800.
Le maestranza sapevano che
taluni appalti già s’avviavano verso la settentrionale Ansaldo che impiegava la
metà degli operai.
Ma la corsa al trasferimento o
smobilitazione di tutte le risorse industriali del meridione aveva preso una
perversa velocità.
Dopo l’Inghilterra e la
Francia, il polo industriale di massima produzione e prosperità, era proprio
quello del Regno delle Due Sicilie. La diminuzione dei dazi sulle importazioni
ed esportazioni aveva accresciuto enormemente il divario di produzione e benessere
tra il meridione e il povero Nord e “Non
ci si può stupire, a questo punto,che nel 1856, l’Esposizione Internazionale di
Parigi abbia premiato il Regno Delle Due Sicilie come terzo paese al mondo per sviluppo
industriale”.
Forse fu, invece un losco compagno
del Bozza, un certo Pinto, ex impiegato e collaboratore che chiese una intera
guarnigione di bersaglieri presente in Portici. Non sappiamo come furono
raccontati i fatti al Maggiore.
Ai restanti operai, poco meno
di 600, era stato assicurato il rientro dei 440 circa messi diciamo in attesa.
Venne detto loro che bisognava ulteriormente diminuire la paga e aumentare le
ore di lavoro, da 10 a 11 ore ad dì e la paga ch’era di 35 grana era già
intanto passata a 30. Il contratto d’appalto non prevedeva questo come neppure
l’allontanamento dei compagni. Era inspiegabile che le commesse sparissero. Si
minacciava il licenziamento di altri 200 maestranze. Il
31 Luglio 1863 gli operai scendono ad appena 458 ma se ne prevedono altri. Allora, i residui minacciarono di
lasciare la fabbrica a fronte dell’insulsa ingiustizia e offesa alla loro
professionalità. Chiedevano, allora il certificato di “buon servito” che veniva
negato. Ecco i fatti!
Trascriviamo ciò che venne
raccolto da Aldo Jaco, pagg.215-216“il
brigantaggio meridionale:
“ Ma ecco che invece giunsero i bersaglieri con le baionette in canna:
gli operai stessi che erano tutti inermi aprirono il cancello, ed i soldati con
impeto inqualificabile si slanciarono su di essi sparando i fucili e tirando
colpi baionetta alla cieca, trattandoli da briganti e non da cittadini
italiani, qual erano quegli infelici!...Il capitano che dirigeva i lavori ( era
piemontese e interno alla fabbrica per altri incarichi) e del quale abbiamo
accennato più sopra, si fece innanzi con kèpi in mano, e gridando a nome del Re
fece cessare l’ira soldatesca (…) Fu una scena di sangue che amareggerà l’anima
di ogni italiano, che farà meravigliare gli stranieri e gioire i nemici
interni. Cinque operai rimasero morti (sul piazzale) per quanto si
asserisce: altri che gettaronsi in mare, cercando di salvarsi a nuoto, ebbero
delle fucilate nell’acqua, e due restarono
cadaveri. I feriti son in tutto venti: sette feriti gravemente furono
trasportati all’Ospedale de’ Pellegrini altri andarono nelle proprie case”
Quel pomeriggio, in quel
piazzale, nacque il primo sciopero di lavoratori a cui erano stato sottratto,
col sangue, appannaggi e diritti concordati ma avvenne anche il primo eccidio
spietato e inumano contro una massa impotente
che difendeva non solo i propri diritti per il lavoro, mai visto e sentito prima in qualsiasi parte
del mondo, ma soprattutto l’orgoglio di una umanità sfrontatamente offesa nella
dignità e fieramente radicati nella storia dei propri
luoghi.
COLLOCAZIONE: Riteniamo utile
ribadire che la denominazione del nuovo toponimo dovrebbe, in prima e non
comunque esclusiva istanza, rispondere al naturale principio che gli eventi
abbiano una manifesta corrispondenza con i luoghi e, dunque, limitare la
collocazione della lapide o targa
stradale, proprio nell’area urbana/ Comune, in cui avvennero i luttuosi fatti.
Arch. Bruno Pappalardo
in nome e per conto del
PARTITO
DEL SUD
Fonti: Gustavo Rinaldi, “il Regno delle Due Sicilie, tutta la verità”
pagg.276-277 – ed.
Controcorrente 2001
Gigi
Di Fiore, “ Controstoria dell’Unità d’Italia” fatti e misfatti del
Risorgimento”pagg.186-187 – Ed.
Rizzoli 2007
Gigi
Di Fiore, articolo “Pietrarsa, la strage operaia
dimenticata: dopo 150 anni Napoli
ricorda l’eccidio” 01.05.2013. da “ il
Mattino”
Giordano
Bruno Guerri: Il sangue del Sud” , pagg. 39, 40, 41, le Scie, Mondadori
Archivio di Stato di Napoli,
“Fondo Questura”, Fascio 16, inventario
78. Citato in: Angelo Forgione –
1º Maggio. Napoletane le prime vittime operaie
Pietrarsa 1863: Bersaglieri e Carabinieri sparano sui lavoratori.
Carlo
Ciccarelli, Stefano Fenoaltea
(Luglio 2010). Through the Magnifying Glass:
Provincial Aspects of Industrial Growth in Post-Unification Italy. Quaderni di Storia Economica (in
inglese).
Fenoaltea,
Stefano (2007). I due fallimenti della storia economica: il periodo
post-unitario. Rivista di
Politica Economica (in italiano).
Mario
Di Gianfrancesco, La
rivoluzione dei trasporti in Italia nell'età risorgimentale, 1979, L'Aquila,
pp. 151 ss.
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