di Luigi Pandolfi
Mi scuserà Alessandro
Madron, giornalista del Fatto quotidiano, ma quando ho letto il suo pezzo
“Europa dei popoli dalla Padania alla Baviera: sì all’accordo voluto dalla
Lega”, non ho resistito ad imprecare ogni santo che mi è passato per la
testa.
“È stato firmato ieri a Bad Ragaz, nel cuore della Svizzera, il
patto – scrive Madron – che coinvolge diverse regioni alpine europee tra Italia,
Svizzera, Austria, Germania e Francia. Una grande area tra le più ricche ed
industrializzate del pianeta, dove vivono circa 70 milioni di persone e sono
insediate le principali realtà industriali del vecchio continente. Regioni che
vanno dalla Padania leghista alla Baviera, passando per la Carinzia, la Provenza
e il Rhone-Alpes, che vogliono attuare politiche comuni, capaci di dare una
nuova forma alla collaborazione su base regionale e sovranazionale”.
Se
non fossimo sufficientemente edotti sul significato politico della parola
Padania, o magari per qualche anno ci fossimo trasferiti su un altro pianeta,
leggendo il pezzo apparso sul giornale di Padellaro avremmo sicuramente pensato
che negli ultimi mesi la Lega avrebbe finalmente portato a termine la sua
missione: dare vita ad un’entità politico-geografica denominata
“Padania”.
Fortunatamente le cose non stanno così e quello che stiamo
commentando altro non è che l’ennesimo episodio comprovante l’interiorizzazione
da parte di media ed intellettuali, di politici ed opinion maker, di concetti
appartenenti all’universo simbolico ed all’apparato propagandistico del
Carroccio.
Diversamente è inspiegabile come da parte di un bravo giornalista
si cada nell’errore di mettere la “Padania leghista” sullo stesso piano di
regioni come la Baviera, la Carinzia, la Provenza ed il Rhone-Alpes, senza
alcuna chiosa, magari ironica, che faccia emergere la differenza tra una panzana
ideologica ed istituzioni effettivamente esistenti.
Ci mancherebbe altro:
Madron sa benissimo cos’è la “Padania leghista”, ma, come tanti altri
giornalisti italiani, ha ceduto ad un vezzo: quello di usare il termine Padania
per identificare, politicamente, una parte del paese, ancorché il suo
significato originario, reale, anche nella sua variante aggettivata, esula
dall’uso che la Lega ne ha fatto in questi anni.
In un mio recente
saggio, ho posto provocatoriamente la domanda: ma la Padania esiste? La
risposta che ho dato è stata questa: a furia di parlarne, almeno sui giornali e
nel linguaggio politico, è finita per esistere davvero.
I leghisti hanno
naturalmente fatto lo loro parte, nel disinteresse generale. Non solo
inventandosene il mito, ma richiamandola in una miriade di manifestazioni, enti,
fondazioni, associazioni, molte delle quali, nonostante fossero per natura in
contrasto con le finalità della Repubblica, hanno ricevuto dalla stessa
riconoscimenti ufficiali ed ogni sorta di legittimazione.
Vogliamo parlare
del Giro di Padania, che ha ricevuto il riconoscimento del Coni e della
Federazione Ciclistica Italiana? Oppure del concorso di bellezza femminile Miss
Padania? Una manifestazione che, nelle sue ultime edizioni, è stata mandata in
diretta addirittura dalle reti Mediaset, come se si trattasse di un concorso
nazionale del rango di Miss Italia.
La Padania esiste, allora, eccome se
esiste: Parlamento padano, Giro di Padania, Miss Padania, Scuola Bosina –Libera
scuola dei popoli padani, Associazione Donne Padane, Medica Padana, PADAS
(Associazione Padana Donatori Abituali Sangue), Padanassistenza, CO.PA.M –
Cooperazione Padania nel Mondo, Cattolici Padani, Orsetti Padani, Guardia
Nazionale Padana, Padania Calcio, Sport Padania, Automobile Club Padania. Non
manca niente, la Padania è ormai una sorta di stato nello stato, nonostante i
guai recenti della Lega.
E se ciò è stato possibile, ed è ancora possibile,
lo si deve alla superficialità con cui la politica ed i media hanno trattato la
questione.
Lo scandalo dei rimborsi elettorali ha indebolito di molto la
fibra del Carroccio; lo stesso congresso appena celebrato è stato opaco,
malinconico, privo di grandi slanci. Meno male.
Dire però che la pericolosità
di questo movimento si è attenuata, o addirittura è venuta meno, è affermare
un’idiozia. Forse sarebbe venuto il momento di combatterne le finalità eversive
anche sottraendoci alla tentazione di utilizzarne lo stesso
linguaggio.
Fonte : http://www.ilfuturista.it
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