di Lino Patruno
C’è un altro e
misconosciuto periodo nero nel lungo calvario dei danni al Mezzogiorno italiano:
lo sbarco in Sicilia e gli 800 giorni di occupazione anglo-americana dal 10
luglio 1943. Del tutto opportuno quindi che Gigi Di Fiore lo abbia ripercorso
con la sua Controstoria della Liberazione. Le stragi e i crimini dimenticati
degli Alleati nell’Italia del Sud (Rizzoli ed., pagg. 352, euro 19,00). Come un
altro Risorgimento tradito, del resto per primo già ripercorso dallo scrittore e
giornalista napoletano (inviato del «Mattino») con la sua fortunata Controstoria
dell’Unità d’Italia. Un Paese a malapena unificato fu di nuovo spaccato non solo
dall’ar mistizio dell’8 settembre fino alla pace, ma dalle sue conseguenze.
Perché quella che poteva essere una resurrezione del Sud senza nazifascismo, fu
anche una tragedia in più atti che segnò pure il futuro del Sud, non
diversamente da ciò che avvenne dopo il 1861.
Il primo atto
furono le stragi di soldati italiani considerati tutt’altro che alleati
nonostante la non belligeranza: anche peggio delle stragi e delle fucilazioni
sommarie della lotta al brigantaggio. Poi i crimini contro la popolazione civile
addirittura odiata e considerata non meno incivile e «affricana» (con due effe)
di come la descrisse Nino Bixio dopo la risalita di Garibaldi. Poi i
bombardamenti indiscriminati che distrussero il 64 per cento delle industrie.
Poi un’inflazione selvaggia provocata dalla diffusione incontrollata delle
Am-lire e la spaventosa miseria. Fra un atto e l’altro, una interessata
collaborazione delle due potenze trasformò i boss di Cosa Nostra (a cominciare
da Lucky Luciano) in galantuomini e addirittura sindaci, facendo crescere il
potere della mafia come mai prima. Lo spudorato oltraggio alle donne violentate
dai marocchini è rimasto una cicatrice e una vergogna mai cancellate. Il
contrabbando, le malattie veneree, violenze di ogni genere martirizzarono
soprattutto e ancòra una volta Napoli sempre meno ex-capitale. Altro che il mito
soprattutto cinematografico degli «Hey, man» con le tavolette di cioccolata, le
chewing gum e le sigarette per tutti di cui si è sempre detto che il Sud si
fosse innamorato.
Furono più
conquistatori che liberatori (anche in questo ancòra una volta), padroni
assoluti e arroganti, sospettosi e brutali in una torbida retrovia di bordelli e
puttane prima di andare a morire a Cassino. Del resto il cinema se ne è anche
occupato con lo struggente La ciociara del premio Oscar a Sophia Loren. E Napoli
milionaria di Eduardo proprio partendo da quei giorni ci ha lasciato un quadro
indimenticabile e universale della guerra e dei suoi orrori. Di Fiore non è
autore che arrangi fonti e documenti. La sua impressionante precisione è figlia
di una ricerca addirittura spasmodica, non c’è episodio in cui manchino una data
e un nome. E così un periodo finora considerato solo controverso viene fuori con
una luce ben più cupa. Soprattutto, è quel che conta, più cupa per il domani di
un Sud che dalla guerra e dal dopoguerra uscì con le ossa molto più rotte del
resto del Paese. E che pagò dopo non meno di prima. Davanti al boom della
ricostruzione, nessuno tenne conto delle sue condizioni peggiori, meno che mai i
governi nordisti figli della lotta partigiana al di là del
Rubicone.
Per l’ennesima
volta il Sud era da rimuovere, forse colpevole di essere stato con Pescara,
Brindisi e Salerno sede di un regno voltagabbana e vile. E quando gli americani,
consci di ciò che avevano combinato, fecero arrivare i soldi del Piano Marshall
soprattutto per il Sud, quei soldi andarono per il novanta per cento al Centro
Nord. Una ennesima Questione Meridionale di cui il Sud non doveva lamentarsi.
Tranne poi le pezze della Cassa per il Mezzogiorno per cercare di rimediare a
ciò che era stato quasi irrimediabilmente compromesso. Di Fiore non usa toni
partigiani di rivendicazione, ed è un altro dei pregi del suo racconto. Nel
quale la Puglia compare non solo come vittima (vedi la vicenda oscura del
generale Bellomo, la terra bruciata di Foggia, l’attacco al porto di Taranto) ma
addirittura, con Bari, come faro della nuova Italia della speranza, della
democrazia, della rinascita. Radio Bari, il congresso dei Comitati di
Liberazione nazionale. L’Italia ricominciò da Sud, ma lo si dimenticò
sùbito.
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno
Nessun commento:
Posta un commento